E’ bello passare in rassegna la stampa il mattino seguente una manifestazione. Ti mette addosso quella piccola dose di tensione, nel percorso da casa all’edicola, piena di interrogativi su come i mezzi di comunicazione abbiano trattato di un evento che hai costruito insieme ad altri. Ti senti come un piccolo attore protagonista della scena che è stampata nelle pagine di cronaca tra titoli, sottotitoli, foto e articoli.
Uno in mezzo a quella incalcolabile moltitudine che quel giorno in tutta Italia o in tutto il mondo ha manifestato. Ti frullano mille cose per la testa, mentre ti si sovrappongono le immagini impresse del corteo del giorno prima. Poi ne conseguono apprezzamenti, incazzature, critiche e commenti, risate perché almeno per questa volta si ha la capacità di giudicare con occhio abbastanza oggettivo quanto detto dai media.
Anche ieri ho vissuto la stessa scena. Manifestazione in tutta Italia, anzi in oltre cento città d’Italia per chiedere il ritiro delle truppe dall’Iraq. Bene. Parto a sfogliare i quotidiani che preferisco,ovviamente, poi passo a quelli nazionali, quelli che abitualmente gettano più discredito sul Movimento, quelli influenzati dalla politica della casa delle libertà o dell’Ulivo, quelli che vendono quasi un milione di copie, quelli che mi piace contestare. Sfoglio per sei volte Repubblica e per tre volte la Stampa, e ogni volta l’ansia di trovare quello che cerco aumenta a livello esponenziale alla ricerca di qualche titolino, di almeno qualche trafiletto o anche solo di un quadratino in disparte anche in mezzo allo sport che riportasse un pezzetto di cronaca della mobilitazione nazionale di ieri. Ormai sono arrivato al punto di scannerizzare pagina per pagina. Non cerco mica un commento sul corteo di Mantova, voglio solo un piccolo articolo che dica che a Roma hanno sfilato in 50.000 e a Milano in 20.000 sotto la pioggia contro questa cazzo di guerra!
Niente. Ieri non è successo niente. I cortei non li hanno fatti. Invisibili.
Credo che non siamo più di fronte a un deficit di democrazia. Non siamo più di fronte alla lente distorcente che i grandi media adorano porre sadicamente alle manifestazioni o agli eventi del Movimento. La situazione è ben più drammatica. Siamo passati direttamente a censurare cento piazze d’Italia, affollate e non, ricche tutte di significato, di fronte al dramma Iracheno. E questo in un schiacciante e becero schieramento che va da Libero a Repubblica.
Rimangono solo poche briciole di controinformazione, posto che si possa parlare di “contro” e non di informazione punto e basta. Si contano sulle dita di una mano i media che hanno reso giustizia o hanno valorizzato quella moltitudine che ieri è scesa in piazza, che non si vogliono arrendere a denunciare quanto ignorato da chi detiene il potere dell’informazione. Proprio pochi, oltre ad un’infinita rete di piccole voci fuori da questo stonato e assordante coro.
Piccole voci dal basso. A cui oggi se ne è aggiunta un’altra.
Benvenuti.