Tra questi l’intenzione di “riconciliare i popoli palestinese e israeliano”, per “mettere fine alla violenza per creare un epoca di convivenza.
Spaventosa la somiglianza tra questi obiettivi e quelli utilizzati anche nelle dichiarazioni di Bush, Sharon e della loro cricca di guerrafondai e carnefici? Forse, ma il problema non sta qui, visto che come parole sono condivisibili, e sono questi personaggi che ne fanno un uso strumentale per giustificare guerre e violenze di ogni tipo. Il vero problema sta nel verificare l’attuabilità di questo piano.
Cioè: c’è l’intenzione di collaborare da entrambe le parti? Già questo interrogativo, che si risponde da solo visto il persistere dell’occupazione israeliana, butta sulla questione un accento di pessimismo. Ma andiamo oltre e non fermiamoci davanti nulla. Sono realistiche le proposte? Ci sono le condizioni e i mezzi per realizzarle? A una prima vista sembrerebbe che, essendo ad esempio la questione dei rifugiati palestinesi all’estero, affidata al controllo ONU, sia affrontata in modo serio. Senonché, occorre l’istituzione di un fondo internazionale per finanziare le operazioni e i previsti “indennizzi ai rifugiati”. Chi istituirà questo fondo? Gli stati uniti, alle prese con il debito estero più grande al mondo e con il più grande finanziamento bellico di sempre a cui stare dietro? Poco credibile.
Ma chi altro se non loro? Il fmi, che ricatterà il riconosciuto stato palestinese, facendone un’Argentina del medioriente? Se fosse così, sarebbe allora un futuro da evitare a tutti icosti. Rimane l’onu: che per una spesa simile dovrebbe passare per il veto e quindi per le condizioni usa. Resta il fatto che sono previsti tempi di attuazione relativamente brevi, per “non estenuare i popoli già troppo sofferenti”.
Viene poi affrontata la questione dei confini nel modo più credibile finora visto: si prendono per buoni quelli stabiliti dall’ONU nel ’49, facendo alcuni scambi in modo da rendere collegate le varie zone dei due stati. Inoltre verrebbero smantellate la gran parte delle colonie con cui il governo israeliano ha costantemente derubato i palestinesi della loro terra. Sarebbe prevista inoltre la cessazione dell’occupazione dell’esercito israeliano delle terre palestinesi. Molto interessante. In realtà c’è un problema più generale che è dimostrato dalle azioni del governo israeliano e da quelle del capitalismo globale (usa-russia-ue-onu) che di fatto si sono interposte a tutte queste possibili e per ora accettabili soluzioni. Per concludere, riguardo a ciò, in questo documento c’è una leggerezza su tutte ,che probabilmente farà arenare anche questa proposta: il controllo di tutte le operazioni nelle mani di chi appunto a gestito o a taciuto il conflitto.
Mimmo
Lo scorso 20 novembre si è firmato a Ginevra un accordo “informale”, da esponenti politici palestinesi e israeliani, su un possibile piano di pace per la Palestina. Rispetto alle presunte “trattative per la pace” degli ultimi anni c’è una sostanziale differenza che rischia però di essere solo una questione di forma. In questo documento vengono infatti presi in considerazione gli argomenti del contendere del conflitto. Ma lo si fa in modo troppo generico.