Nel giugno del 2000 il senato degli Stati Uniti approvò il Plan Colombia.
Sviluppato a Washington, fu avviato il mese seguente, senza aver prima consultato
i cittadini colombiani. Denominato “ Progetto per la pace, la prosperità ed il rafforzamento dello Stato”, viene ufficialmente considerato un complemento al Piano Nazionale di sviluppo 2002-2006.
Il suo obiettivo generale è quello di ottenere la pace in Colombia, tramite la negoziazione politica ed il rispetto della democrazia, dei diritti umani e dell’ambiente.
In particolar modo, collega l’intensificazione della violenza sociale alla coltivazione, produzione e traffico di droga, considerando queste attività come la principale fonte di finanziamento delle fazioni armate.
Il costo totale del progetto si calcola in 7.500 milioni di dollari. Il governo statunitense si è impegnato a contribuire con 1.575 milioni, mentre lo stato colombiano dovrà finanziare 4.000 milioni di dollari, principalmente attraverso privatizzazioni, prestiti internazionali e tasse.
Inizialmente fu chiesto all’Unione Europea ed al Giappone di contribuire insieme alla somma restante, ossia 1925 milioni, ma a tutt’oggi non si è ancora ottenuta una conferma.
Comunque sia, nella pratica, il Plan Colombia si discosta molto dagli obiettivi e dai principi sopra esposti. L’80% della spesa è stata destinata ad aspetti di carattere militare, soprattutto a combattere l’insorgenza di gruppi guerriglieri; solo il 20% è stato investito con fini sociali.
E’ stata data priorità allo sradicamento delle coltivazioni illecite di coca e papavero tramite fumigazioni delle zone interessate, soprattutto nella regione meridionale del paese.
Nonostante tutto, i mezzi utilizzati e le conseguenze sociali ed ecologiche prodotte si sono trasformati in un fattore di crescente disappunto da parte della popolazione, seriamente danneggiata nella sua integrità e nei suoi diritti.
Una pioggia di glifosato
Le fumigazioni hanno trasformato il territorio colombiano in un grande campo di sperimentazione di agenti chimici, già molto tempo prima del Plan Colombia.
A partire dal 1978 sono state sperimentate progressivamente diverse formule: Paraquat,
Triclopyr, Tebuthiuron, Imazapyr e Hexaxinona. Tuttavia nessuna di esse ebbe grande successo, per cui, a partire dal 1986, si iniziò ad utilizzare l’erbicida glifosato prodotto dalla transnazionale nordamericana Monsanto.
In questo momento si sta cercando di sradicare le coltivazioni illecite specialmente nelle circoscrizioni di Cauca, Nariño e Putumayo, interessando anche aree di confine con l’Ecuador.
Ufficialmente la prima fase delle fumigazioni aeree fu portata a termine, nella regione del Putumayo, tra il 22 dicembre 2000 ed il 28 gennaio 2001, tuttavia diverse fonti sostengono che siano iniziate prima e che siano continuate fino al mese di marzo. Nella zona del Putumayo gli abitanti hanno parlato di fumigazioni giornaliere dalle 8 della mattina fino alle 4 del pomeriggio su una superficie di 29 mila ettari, con intervalli di tempo che andavano da una settimana a quindici giorni. In totale si calcola che, fino al dicembre 2002, siano stati fumigati circa 130 mila ettari di piante di coca e papavero ( Fondazione Hemera 2003 ) . A quanto pare, restano ancora da sradicare approssimativamente 144 mila ettari. Nel Putumayo, dei 50 mila ettari seminati, ne restano solo 3 mila.
Il Presidente colombiano Álvaro Uribe ha promesso a Washington l’estinzione di tutte queste coltivazioni entro il 2006, anno in cui scadrà il suo mandato. Quindi si continuerà con i programmi di fumigazione. Perfino l’ “Unidad Cafetera Nacional” ( l’Unione dei produttori di caffè nazionali ) ha manifestato la propria preoccupazione dato che nel 2003 l’uso del glifosato si estenderà anche alle regioni produttrici di caffè in cui esistano anche coltivazioni illecite. L’obiettivo è distruggere completamente le quattro raccolte di foglie di coca che si effettuano ogni anno.
Il costo della fumigazione via aerea è stato calcolato in 467 dollari per ettaro. Se il conto è esatto ciò significa che, per operare su una superficie di 130 mila ettari, si è speso circa 61 milioni di dollari. Supponendo che rimangano ancora 144 mila ettari su cui intervenire, una stima totale darebbe la cifra di 128 milioni di dollari. Questa cifra, che rappresenta certamente una percentuale minima del preventivo generale del Progetto Colombia, nasconde, tuttavia, il vero costo del programma di fumigazione: le gravi conseguenze sociali, sanitarie, ambientali e sui diritti umani di migliaia di persone.
Il Roundup Ultra: la nuova ricetta per la Colombia
Il glifosato è un erbicida non selettivo, la cui formula Roundup appartiene a Monsanto.
Il glifosato fu creato negli anni sessanta penetrando, tempo dopo, in America Latina.
Oggi giorno la sua vendita produce incassi superiori a mille milioni di dollari annuali.
Il Roundup tradizionale di Monsanto contiene, aggiunta al glifosato sotto forma di sale isopropilamina ( IPA ), una sostanza chimica tensio – attiva denominata polioxietileno – amina
( POEA ) che amplifica la sua azione; tuttavia fu considerato poco efficace nel distruggere le coltivazioni di coca e papavero in Colombia. Quello che alla fine fu utilizzato nelle operazioni di fumigazioni è conosciuto col nome di Roundup Ultra. Contiene sempre POEA, ma è stato aggiunto un nuovo agente tensio – attivo : il Cosmoflux 411F. Approvatone l’uso, senza aver prima effettuato degli studi sui possibili effetti, tanto meno in ecosistemi tropicali, questo agente amplifica di quattro volte l’azione del Roundup, incrementando l’effetto del glifosato. Ciò significa che potrebbe, allo stesso modo, incrementare di quattro volte la sua azione tossica.
In base a quanto denunciato dall’investigatrice colombiana Elsa Nivia in un rapporto pubblicato nel 2001 dal titolo “le fumigazioni delle coltivazioni illecite, quelle si che sono pericolose”, negli Stati Uniti si raccomanda l’uso del Roundup, per le coltivazioni agricole, in una concentrazione del 1%, solo sulle erbacce e con l’attrezzatura di protezione. In Colombia si sta utilizzando il Roundup per via aerea in concentrazioni che vanno fino al 26%, fumigando alimenti, fonti d’acqua, persone e animali. Applicandolo in questo modo dall’alto, si disperde nell’ambiente circostante fino a raggiungere 1 chilometro, avendo inoltre la capacità di rimanere nel suolo per un periodo di tempo che va da 4 mesi a 3 anni. Come c’era da aspettarsi, in effetti, le conseguenze di queste operazioni sull’uomo e sull’ambiente non hanno tardato a darsi a vedere.
Senza protezione esposti ai rischi
Subito dopo l’inizio delle operazioni di fumigazione aerea comparvero problemi di salute da parte delle comunità direttamente esposte, a cui si deve aggiungere la contaminazione dei loro orti, animali e fonti. Solo nella circoscrizione colombiana del Putumayo, si calcola che le fumigazioni abbiano danneggiato più di 300 mila persone. In quel luogo vivono, tra gli altre, le popolazioni indigene dei Cofan, Inga, Embera, Paez e Awa. E’ un territorio isolato, identificato quasi esclusivamente con il narcotraffico e la violenza armata.Ovviamente, i loro gravi problemi sociali ed ecologici rimangono nascosti, in base a quanto hanno denunciato più volte presso organismi internazionali l’organizzazione “Alianza Amazónica” e la “Coordinadora Indígena de la Cuenca Amazónica” (COICA).
I primi rapporti mettevano in evidenza come gli abitanti delle zone recentemente fumigate presentavano nausee, dermatiti e disturbi gastrici, mentre gli abitanti di Rio Blanco de Sotar denunciavano oltre a questi stessi sintomi anche problemi alla vista e dolori alle orecchie.
Nel 2002 il sindaco di Puerto Guzman confermò anche la morte di sette persone per intossicazioni che furono attribuite al Roundup Ultra. D’altro canto non bisogna dimenticare che le principali regioni interessate confinano con l’Ecuador. Di conseguenza, i danni provocati dalle fumigazioni sono stati avvertiti, nello stesso modo, anche dalle popolazioni della provincia amazzonica di Sucumbíos, situate nella valle del Guámez e sul fiume San Miguel. Queste popolazioni vivono, per la stragrande maggioranza, in condizioni di povertà nonostante l’intenso sfruttamento subito dal territorio da parte di forestieri ed includono circa 20 comunità di nazionalità kichwa.
Indifese e non protette, migliaia di persone si sono viste costrette ad abbandonare i luoghi in cui vivevano e che assicuravano loro la sussistenza.
E, nel frattempo, le fumigazioni del Plan Colombia continuano il loro corso, senza tregua.
Cos’è cambiato?
In circa cinque anni la zona di coltivazione di foglie di coca in territorio colombiano è triplicata. Tra il 1994 e il 1999 è passata da 45 mila a 122 mila ettari, e questo nonostante l’investimento di 600 milioni di dollari per spese militari e logistiche destinate a combattere il narcotraffico. [3] Le coltivazioni hanno occupato zone sempre più estese di foresta, ecologicamente fragili e abitate da popolazioni indigene e da contadini poveri. Naturalmente la rapida crescita della produzione è stata sostenuta dall’aumento della richiesta dell’alcaloide nei paesi consumatori, compresi gli Stati Uniti.
Naturalmente è ovvio che, fintantoché non si svilupperanno politiche sociali che favoriscano i settori di popolazione che abitano quelle zone, la coltivazione illecita continuerà ad essere un’alternativa di sopravvivenza. Anche la violazione del diritto dei popoli indigeni a vivere in pace ed autonomia nelle loro terre, il debito estero e le politiche economiche imposte dal FMI contribuiscono in larga misura a consolidare questa situazione. Si calcola che attualmente siano 50 mila le famiglie che dipendono dalle entrate provenienti da queste coltivazioni. La somma che ricavano è sei volte superiore a quella che otterrebbero se coltivassero altri prodotti. Inoltre i narcotrafficanti si impegnano a fornire tutti gli strumenti necessari, e assicurano anche il ritiro della produzione dai luoghi di coltivazione, per quanto possano essere fuori mano o isolati. Ciononostante, dobbiamo sottolineare che in Colombia diverse comunità indigene hanno firmato degli accordi col Governo, impegnandosi ad estirpare manualmente le coltivazioni illecite che si trovavano nei loro territori. Tuttavia l’Organizzazione locale indigena del Putumayo (Ozip) ha ripetutamente denunciato l’inadempienza ufficiale di tali accordi, in seguito al via libera alle fumigazioni aeree sulle loro terre.
Ma perché vengono autorizzate queste operazioni, che per di più hanno un marcato carattere militare? Evidentemente esistono benefici, economici e politici. Da una parte l’estirpazione manuale è lenta e quindi più costosa, perché include anche i programmi sociali e di produzione alternativa cui il governo dovrebbe provvedere. D’altra parte bisogna ricordare che anche la Monsanto ne trae profitto, sperimentando nuove formule senza maggiori rischi legali. Gli Stati Uniti, dal canto loro, dispongono di una scusa perfetta per intervenire in un Paese cruciale per i loro interessi geopolitici, dove sono attivi gruppi di ribelli armati. Tra molte altre cose, gli Stati Uniti vogliono aprire un nuovo canale interoceanico sotto il loro controllo. In ogni caso, si tratta di attentare profondamente alla sovranità di una zona indispensabile per i loro obiettivi a breve termine in tutta la regione andina. Naturalmente questo include lo sfruttamento delle risorse naturali ed energetiche dei territori in cui vivono le comunità indigene, situati in una delle zone del Pianeta più importanti per la biodiversità.
Quel che è certo è che il costo delle fumigazioni è stato altissimo in termini umani e ambientali, in una zona in cui milioni di persone subiscono le conseguenze della violenza armata e della povertà. Le varie operazioni non hanno solo violato i diritti legali delle comunità indigene, hanno anche generato altra violenza, e provocato nuovi spostamenti. Si ritiene che circa 50 mila contadini ed indigeni del Putumayo potrebbero spostarsi, non avendo scelta, verso le province limitrofe dell’Ecuador.
In realtà sono molte le basi legali che sono state infrante. Si tratta di norme costituzionali e di diritto internazionale, compreso il principio di precauzione formulato nel 1972 durante Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano, ratificato poi in altri forum internazionali. Questo principio infatti stabilisce che qualsiasi sostanza o prodotto, prima di poter essere utilizzato, deve dimostrare di essere innocuo e compatibile con la salute pubblica e con la qualità dell’ambiente. La sua violazione implica un’assoluta mancanza di responsabilità e di prevenzione, soprattutto quando le comunità colpite non vengono neanche informate dei pericoli che corrono.
Di conseguenza, anche le proteste sono state continue e diverse. Ad esempio la Confederazione Indigena dell’Ecuador sin dal 2001 esige che il Governo si occupi della sospensione delle fumigazioni vicino la frontiera, che dichiari lo stato d’emergenza nelle zone coinvolte e che risarcisca la popolazione, dichiarando al contempo il suo categorico rifiuto del Plan Colombia. Secondo le informazioni fornite dalla Fondazione Hemera nel febbraio del 2003 [4], alcune comunità indigene e di contadini dell’Ecuador, di fronte agli effetti subiti a causa delle fumigazioni, hanno presentato un ricorso di tutela alla Corte Costituzionale. Il ricorso è stato accolto da un Tribunale, il quale ha ordinato che gli organi competenti dell’Ecuador prendessero misure urgenti. Tale Tribunale ha anche affermato che le testimonianze e i documenti prodotti durante il processo non lasciavano adito ad alcun dubbio riguardo le conseguenze delle fumigazioni con glifosato su esseri umani, piante e animali. D’altro canto, nel 2002 il Difensore civico in Colombia ha presentato un rapporto su questo tema, che però sembra aver avuto più ripercussioni in ambito internazionale che presso il governo nazionale. La risposta del presidente Uribe è stata invece categorica : “Il nostro paese non può sospendere nessuna delle azioni di lotta contro la droga”.
Per di più, il 31 gennaio 2003 il Ministero dell’Ambiente colombiano ha approvato una risoluzione che autorizza un cambiamento nella concentrazione del glifosato, aumentando la quantità già usata. Questa decisione in realtà potrebbe anche essere legata agli scarsi risultati del Roundup Ultra, forse minori del previsto. Ciononostante il Difensore civico ha richiesto l’immediato annullamento di tale risoluzione, adducendo come argomenti la violazione della Costituzione colombiana e la violazione dei diritti umani. Nel frattempo, le comunità continuano a subirne le conseguenze, e continueranno a subirle per anni. Probabilmente, in futuro nelle loro terre si potranno coltivare solo le sementi transgeniche della Monsanto, che come è noto sono resistenti al glifosato.
Traduzione di Loredana Stefanelli e Giulia Castorani – di Traduttori per la Pace
(L’articolo originale, richiesto con il consenso dell’autrice,
è stato pubblicato originalmente da GRAIN – Genetic Resources Action International
con il titolo originale “Las fumigaciones del Plan Colombia”)
Note
[1] N.d.E. Sostanza che diminuisce la tensione superficiale dell’interfase aria-liquido, favorendo la penetrazione del prodotto.
[2] Vedi www.usfumigation.org e www.ceudes.org
[3] www.codhes.org.co/pazcolombia
[4] www.etniasdecolombia.org
Di Mailer Mattié –www.selvas.org
A partire dal 1978 sono state sperimentate progressivamente diverse formule: Paraquat, Triclopyr, Tebuthiuron, Imazapyr e Hexaxinona. Tuttavia nessuna di esse ebbe grande successo, per cui, a partire dal 1986, si iniziò ad utilizzare nella guerra alle coltivazioni illecite l’erbicida glifosato prodotto dalla transnazionale nordamericana Monsanto. Le fumigazioni hanno trasformato il territorio colombiano in un grande campo di sperimentazione di agenti chimici, già molto tempo prima del Plan Colombia.
Pace e sviluppo?