Il periodo successivo agli accordi di Oslo è stato caratterizzato da una intensissima attività di confisca delle terre ai palestinesi, di demolizioni delle abitazioni, queste ultime soprattutto nei territori circostanti Gerusalemme, di costruzione di nuove strade (le cosiddette by-pass road) per collegare tra di loro e con Israele gli insediamenti dei coloni, anche quelli edificati nel cuore dei territori occupati.
E questo scenario è sempre stato poco descritto dai media in quanto lo scontro non si esprime tramite spargimenti di sangue, non produce notizie ad effetto. Si tratta piuttosto di una guerra fatta attraverso atti ufficiali di esproprio, confische per motivi di sicurezza oppure per il verde ambientale. In definitiva è uno scontro che si risolve attraverso ricorsi presso aule dei tribunali, con avvocati impegnati a produrre documentazioni probatorie delle proprietà palestinesi o a scoprire cavilli burocratici che hanno permesso un provvedimento di esproprio finanche, in molti casi vere e proprie falsificazioni di documenti per dimostrare la vendita di un terreno.
Il contesto legale che permette la confisca delle terre palestinesi si basa su diverse condizioni, supportate da specifiche ordinanze, applicate da Israele a seconda dei casi: – un’ordinanza risalente al 1943 emessa durante il mandato britannico permette l’esproprio fino al 40% di qualsiasi terra privata per “uso pubblico”. Questa condizione ha trovato grande applicazione nel distretto di Gerusalemme e nella realizzazione delle nuove strade di collegamento a favore degli insediamenti, in gran parte realizzate proprio dopo gli accordi di Oslo.
– Una legge israeliana consente l’esproprio anche di grandi superfici di terre private per motivi di sicurezza o per scopi militari. Gran parte degli insediamenti sorti prima del 1980 hanno beneficiato della confisca di terre ai palestinesi per motivi di sicurezza militare.
– Una ordinanza risalente addirittura al periodo di dominio ottomano (1853) prevede che ogni terreno non intensamente coltivato (almeno il 50% della superficie messa a coltura) per almeno 3 anni, può essere espropriato e divenire terra statale. Buona parte delle terre marginali, utilizzate a pascolo estensivo, hanno subito gli effetti di questa ordinanza ottomana. La lotta dei contadini palestinesi è rivolta alla intensificazione delle colture per prevenire questo tipo di provvedimento di confisca.
– Una ulteriore legge israeliana consente la confisca di terre da dichiarare “riserve naturali”.
In molti casi dopo alcuni anni queste zone espropriate vengono in effetti destinate alla costruzione di insediamenti. Tutto questo ha consentito in passato e consente ancora di più oggi la confisca di migliaia di ettari di terre palestinesi. La situazione economica dei villaggi di Salfit è disastrosa. Non vi è lavoro nei villaggi o nelle città di Salfit e solo il 2% della popolazione lavora in Israele. Gli alberi di olivo sono stati distrutti dai coloni anno dopo anno.
Quest’anno, il padre del Sindaco, come molti altri residenti, ha abbandonato un terzo dei suoi olivi (400 alberi) perchè i coloni ad Ariel non gli permettevano la raccolta. Questo, nonostante la decisione dell’Alta Corte Israele del 1982 che intimava ai coloni di non usare la terra vicino Ariel in quanto appartenente ai Palestinesi. Israele, ha anche derubato l’acqua di Salfit, la quale possiede i giacimenti d’acqua più importanti di tutta la West Bank. 16 pozzi artesiani sono stati confiscati durante gli anni – l’acqua fu deviata miglia lontano per servire Israele e rifornire i pozzi dei coloni a Salfit e nella Valle del Giordano. Gli Israeliani ed i coloni consumano l’acqua cinque volte di più dei palestinesi, ma i Palestinesi pagano il 300% in più.
Questo sistema razzista di deviazione dell’acqua, perfezionato dal Regime apartheid in Sud Africa, è controllato dalla compagnia privata dell’acqua Merkorot. I vicini villaggi di Kufr Dik e Bruqin sono costantemente senza un consistente approvviggionamento idrico perchè viene sovraconsumato dai coloni. Nove anni fa, Il Municipio di Salfit fu sul punto di costruire un ampio piano di approvvigionamento idrico per servire la città di Salfit. Il piano era stato inizialmente progettato su 13 Km di terra della città. Il municipio ricevette un finanziamento di 22 milioni di marchi dalla Germania per la costruzione della centrale idrica e delle relative condutture, ma le Forze d’Occupazione Israeliane fermarono la costruzione e sequestrarono tutti gli equipaggiamenti restituiti 18 mesi dopo. Il Municipio di Salfit dovette comprare un nuovo pezzo di terra fuori la città e spendere altri 2 milioni di marchi per rimuove le tubature e l’elettricità costruiti. Israele approvò il nuovo piano, ma il Muro dell’Aperthaid ora separa Salfit dal piano delle acque di scarico, e la terra fu usurpata e confiscata dai coloni.
Il Muro ha anche distrutto o isolato un antica tomba chiamata Jelal al Adeer, che doveva essere la tomba di un profeta. Il Sindaco di Salfit sospetta che un’altro 25% della terra verrà confiscato dal Muro dell’Apartheid. Questo incluso 1000 alberi di ulivo. Per quanto concerne gli insediamenti Sharon ieri, in un incontro con tre inviati statunitensi ha discusso il piano per rimuovere i 7,500 coloni da Gaza. Ma Ariel Sharon e’ davvero intenzionato ad evacuare quasi tutti gli insediamenti di Gaza?
“Quasi”, perché vuole conservare tre colonie site presso la Linea Verde del 1967. Questa mossa soddisfa la grande strategia di Sharon. E’ pronto a restituire Gaza, con il suo milione di palestinesi indesiderati, ed anche qualche sperduto insediamento in Cisgiordania, pur di ottenere l’assenso americano ad annettere la gran parte della Cisgiordania.
Non e’ una strategia nuova. Davide Ben Gurion “cedette” il 22% della Palestina per potersene accaparrare il 78% contro il 55% previsto dal piano delle Nazioni Unite. Menahem Begin “cedette” l’intero Sinai per eliminare l’Egitto dalla scena e concentrarsi sulla conquista della Cisgiordania. Sharon e’ pronto a “cedere” tutta la striscia di Gaza ed il 45% della Cisgiordania per poterne annettere ad Israele il 55%. Questo e’ ritenuto un “passo unilaterale” – senza l’accordo dei palestinesi, che saranno rinchiusi in enclavi circondate da muri e barriere elettroniche.
di Rosarita Catani
Salfit è una regione della West Bank occupata che è stata tormentata per molti anni dalla confisca delle terre e dal furto dell’acqua. Il 65% dei coloni di tutta la West Bank vivono in 19 insediamenti di questa regione, la quale ha solo 20 villaggi palestinesi. Il 45% della terra storica di Salfit è stata confiscata durante gli anni per la costruzione degli insediamenti (da 170.000 a 270.000 ettari). Per dirne una, dopo gli accordi di Oslo, l’insediamento di Revava si è allargato del 300%.