Circa quattrocento persone sono entrate all’interno ed hanno visto i migranti trattenuti in
gabbie, gabbie vere, recinti per uomini e donne rinchiusi perché privi di un
documento atto a sancire la possibilità di rimanere in Italia. Rinchiusi in
gabbie in attesa dell’espulsione verso il loro paese d’origine. Per la prima
volta molti occhi hanno potuto vedere e indignarsi. E raccontare. Dal 30
novembre molti fatti sono accaduti. Mentre a Torino si entrava nel lager di
corso Brunelleschi, a Lecce venivano raccolte le testimonianze di alcuni
migranti rinchiusi nel CPT Regina Pacis pestati dalle forze dell’ordine e
dal gestore del Centro. A Bologna analogamente partiva un processo (tuttora
in corso) per violenze da parte delle forze dell’ordine nel CPT di via
Mattei. In Sicilia non si contano gli episodi di violenza sui migranti e i
loro coraggiosi tentativi di fuga. In quasi tutte le città in cui è presente
un CPT ci sono gruppi che portano avanti azioni di monitoraggio,
informazione e denuncia di questi luoghi di segregazione. La scorsa estate
alcuni episodi hanno dato una svolta alla battaglia europea contro i lager:
durante la giornata conclusiva del Noborder Camp in Puglia, sono state
divelte le reti del CPT di Bari Palese e alcuni migranti hanno scelto di
fuggire; la stessa cosa è accaduta a Torino il 28 luglio, quando ai migranti
è bastato il sostegno morale dei manifestanti all’esterno di corso
Brunelleschi per decidere di riprendersi la libertà. A Lampedusa il Gruppo
NOCPT del Tavolo Migranti ha iniziato un lavoro di monitoraggio sul CPT-CPA
dell’isola e, contemporaneamente, di sensibilizzazione e denuncia della
condizione dei migranti costretti alla clandestinità dalle leggi dell’Europa
Fortezza. E’ evidente che i Centri non sono altro che fabbriche dove i corpi
dei migranti, sfruttati anche nella loro segregazione, sono messi a reddito,
a un tanto al giorno, per gonfiare le tasche di imprenditori abili a fare i
conti sulle paure indotte dall’irresponsabilità dei governanti con la
complicità dei media. Nel frattempo, al largo delle coste del Mediterraneo,
lungo le linee che separano l’est dall’ovest, il sud dal nord, nel retro
delle dogane si ingrassa il mercato dei corpi ridotti a merce, perché
l’Europa ha sancito la libera circolazione delle merci ed è solo come merci
che i migranti possono raggiungere il nostro paese, ed in quanto merci
l’Europa di tanto in tanto li rispedisce al mittente: “rifiutato”,
“espulso”, “avanti il prossimo”. A Parigi, al FSE, la questione dei Centri è
stata posta dalle stesse reti migranti come paradigmatica, perché i Centri
di detenzione per i migranti, più che essere luoghi di eccezione del
diritto, sono oggi diventati dei luoghi normali di repressione, il punto
terminale della catena di condizioni che impongono la precarietà, la
clandestinità, lo sfruttamento dei migranti in Europa. Per questo, la lotta
iniziata a Torino il 30 novembre 2002, deve trovare un nuovo momento di
aggregazione di piazza, in cui rivendicare tutti i percorsi compiuti: una
giornata di lotta ma soprattutto di comunicazione, in cui ogni realtà potrà
trovare un momento di confronto sulle lotte compiute e su quelle ancora da
compiere, in uno spazio aperto, in cui ogni percorso potrà trovare la stessa
dignità. A Torino stiamo provando a costruire questa giornata: non una
manifestazione, ma un momento di comunic-AZIONE in cui potranno confluire e
confrontarsi tutte le realtà che in quest’anno hanno costruito un nuovo
terreno di lotta politica per la chiusura di tutti i lager.
Appello per la manifestazione del 31 gennaio a Torino.
L’Europa è nata meticcia. Nella prima parte della sua storia il fenomeno è avvenuto dal nord verso il sud. Adesso avviene dal sud verso il nord.L’Europa ha sempre resistito in passato, fino all’esplosione di infinite guerre. E ha sempre ceduto, fino a diventare un tessuto fatto di molti fili diversi. Il 30 novembre del 2002 decine di migliaia di uomini e di donne provenienti da tutta Italia sono sfilate indignate di fronte al Centro di Permanenza Temporanea per migranti di corso Brunelleschi a Torino per chiedere la chiusura di questo e di tutti i lager.