Condannato all’ergastolo l’ex cappellano dei sequestrati della dittatura
Colpevole di aver partecipato alla sparizione forzata di 34 persone e coautore di gravi torture a 31 cittadini. Coautore di sequestro aggravato e dell’omicidio di altri 7. Per questi “delitti di lesa umanità commessi nell’ambito di un genocidio perpetratosi in Argentina fra il 1976 e il 1983″, è stato condannato ieri all’ergastolo l’ex cappellano della policia di Buenos Aires Christian Federico Von Wernich. Una sentenza storica, a cui il Vaticano, per bocca della commissione esecutiva della Conferenza episcopale argentina, ha risposto: ”In Argentina la Chiesa è colpita dal dolore. Un dolore provocato dalla partecipazione di un sacerdote in delitti gravissimi, sulla base della sentenza odierna (ieri ndr.)”. Ma niente sanzioni. Tanto che, nonostante il prete settantenne sarà costretto a passare il resto della sua vita dietro le sbarre per delitti gravissimi, potrà continuare ad avvalersi del suo diritto a officiar messa. Almeno per ora.
Von WernichIn aula. Davanti ai tre giudici che presiedevano il terzo processo contro gli aguzzini della feroce dittatura colpevoli della sparizione di oltre 30mila giovani, e il primo contro un prelato, sono sfilati 120 testimoni, primi fra tutti i sopravvissuti dei centri clandestini dove il cappellano prestò servizio. Con loro, personaggi come il premio Nobel per la pace, Adolfo Pérez Esquivel e la ex ministro Graciela Fernández Meijide, membro dell’Assemblea permanente per i diritti umani, madre di un figlio desaparecido. Ma anche l’attuale console di New York, Héctor Timermann, figlio del giornalista Jacobo Timerman, fondatore de La Opinion, che venne sequestrato e torturato proprio a Puesto Vasco; il vescovo Miguel Hesayne e l’addetto stampa di Isabel Perón, Osvaldo Papaleo, entrambi prigionieri in quel centro clandestino.
Ad assistere all’udienza finale del processo, iniziato i primi di luglio, una folla di gente che, nell’ascoltare la sentenza, ha applaudito, urlato, pianto: madres e abuelas di Plaza de Mayo, parenti. amici di quelle decine di vittime del confessore che, è stato dimostrato, ha abusato del suo ruolo per strappare ai sequestrati informazioni da spifferare a Ramon Camps, allora capo della polizia della capitale.
Madri di plaza de mayoCom’è andata. La giornata, iniziata presto e disturbata da un fasullo allarme bomba che ha costretto gli artificieri a intervenire facendo sgomberare l’aula per un’oretta, è trascorsa fra la richiesta dell’assoluzione di Von Wernich, pronunciata nell’arringa della difesa, e la decisione del prete di parlare. Ed è così che l’ex cappellano si è appellato alla “pace” e alla “riconciliazione”, ma poi ha accusato i testimoni di aver mentito. Poche parole e contraddittorie. Poi, indossando giubbetto antiproiettile sopra l’abito talare, è uscito dall’aula nell’attesa di giudizio. Alle 19.30 scortato da sei uomini della polizia penitenziaria, ha ascoltato impassibile il verdetto. Breve, ma intenso, tanto che l’intera sentenza, frutto di quattro ore di camera di consiglio, sarà resa nota il prossimo primo novembre, ma completo della lista, nome e cognome, di tutte le vittime del prete.
Indietro di un passo. Da quando il presidente Nestor Kirchner, nel 2005, ha cancellato le leggi del Punto Final e dell’Obediencia Debida, aprendo le porte a una resa dei conti che è solo all’inizio dunque, questa è la seconda sentenza pronunciata dai giudici argentini. La prima fu a carico di Miguel Etchecolatz, condannato il 19 settembre 2006 all’ergastolo per sequestri, torture e assassini. Una sentenza che segnò la prima vittoria contro l’impunità e per la giustizia, ma che fu macchiata da un episodio tanto grave quanto esplicativo di una mai avvenuta depurazione delle forze armate: Jorge Julio Lopez, il testimone chiave contro l’ex comandante delle forze di sicurezza, sparì il giorno dopo la sentenza e di lui non si hanno più notizie. Lopez è, dunque, considerato il primo desaparecido della democrazia.
di peacereporter.net