tratto da Gara.net GARA > Idatzia > Eguneko gaiak
Intervista ad ETA “Siamo convinti che tutti abbiamo posto nel progetto di Stato basco”
Come valutate l’evoluzione nella situazione politica dalla fine del processo di negoziazione?
Di fronte ad Euskal Herria continua ad alzarsi il muro e la violenza permanente dello Stato spagnolo. Come nel processo di negoziazione passato, durante il tragitto il muro col quale ci troviamo è quello
della Costituzione spagnola e la negazione del nostro paese. Lo Stato spagnolo non ha portato a termine una vera transizione democratica, e Zapatero ha preso lo stesso sentiero di González ed Aznar. Ha perso un’opportunità insuperabile per riformare lo Stato fascista che governa.
Per lasciare ad Euskal Herria che segua la strada che desideri.
Questo fu quanto potemmo comprovare nel processo di negoziazione. Entrarono nello stesso con obiettivi malintenzionati e non ebbe percorso. Da allora, come hanno proclamato ripetute volte, sono tornati a mantenere la loro scommessa per una politica basata sulla repressione.
Invece di fare passi per rispettare i diritti che spettano ad Euskal Herria, invece di disattivare i meccanismi di tanti anni di dittatura e di fare passi verso una vera democratizzazione dello Stato spagnolo, sono ritornati a ricette del passato. E devono avere ben chiaro che lo Stato spagnolo non sarà davvero democratico, né avrà stabilità né pace, se ad Euskal Herria non verranno riconosciuti i diritti nazionali che gli corrispondono.
Zapatero ha realizzato una scelta, una scelta sbagliata, perché questa annuncia lunghi anni di conflitto da parte dello Stato spagnolo.
D’altra parte, il PNV, che rappresenta la borghesia basca, ha tradito di nuovo il nostro paese. Durante il processo mise bene in chiaro che scommetteva sull’andare per mano col PSOE. Oggi, diciamo che sta approfondendo quella strada. Il suo obiettivo sta nel vincere le elezioni vascongadas del 2009 e nel mantenere il suo potere.
Quale è l’analisi che realizza ETA sull’evoluzione della rivendicazione dell’autonomia per Ipar Euskal Herria?
La valutazione che facciamo di quella rivendicazione è necessariamente positiva. Vediamo quell’alternativa rinnovata che la sinistra indipendentista basca ha presentato ad Euskal Herria come un passo che reclamava la propria maturità della situazione politica e dello sviluppo della lotta di liberazione.
Un’ampia maggioranza della società rivendica un riconoscimento politico ed istituzionale che restituirà ad Euskal Herria competenze e livelli di potere. È imprescindibile recuperare quegli ambiti di potere davanti alla colonizzazione e la repressione che procedono da Parigi, quando quello che sta in gioco è la sopravvivenza del nostro paese. Un chiaro esempio è il fatto che i settori economici locali, tra altri,
stanno rivendicando la necessità di quella struttura istituzionale fondamentale come strumento efficace per assicurare il futuro economico di Euskal Herria.
Anche le misure che adottano da Pau e Parigi contro la volontà popolare riflettono la necessità che ha il nostro paese di costruire una cornice autonomistica propria. È il caso dell’autostrada A-63 recentemente promossa e dei danni che causerà quella via. Il nostro paese ha bisogno di una cornice autonomistica che raccolga le rivendicazioni della cittadinanza basca: in ciò che riguarda l’ufficialità dell’euskara, nell’ambito dell’ordinazione del territorio, in quello dell’economia…
La cornice autonomistica per i tre territori che propone durante il tragitto la sinistra indipendentista basca fissa un primo punto della creazione dello Stato di Euskal Herria. Quella è la nostra scommessa.
Invece, c’è chi, come alcuni settori di PNL e da tempo AB, navigano alla deriva e continuano intendendo e situando la loro prospettiva politica, e quindi il futuro di Euskal Herria, nella logica dello Stato della Francia. Quella strada verso nessuna parte ci condanna ad essere “basque-français”; o, come dicono alcuni, “basque in France” o “français” in Pays Basque. E lì Euskal Herria non ha futuro.
Al contrario, stimiamo molto positivamente l’incontro che si sta producendo in difesa della creazione dello Stato di Euskal Herria tra settori indipendentisti baschi che hanno lavorato in prospettive
politiche differenti. Si sono chiuse ferite del passato, e questo provoca che si stiano gettando le fondamenta affinché il processo di lotta che si sta sviluppando non abbia ritorni indietro.
Rivendicate la necessità di uno Stato per Euskal Herria. Nella situazione politica attuale, che senso date a quella rivendicazione?
Non è una semplice rivendicazione. La creazione dello Stato di Euskal Herria è stato ed è l’obiettivo della resistenza rivoluzionaria che si è prodotta in Euskal Herria in questi lunghi anni. È un’opzione che farà realtà l’indipendenza. Molti compagni e combattenti hanno dato la loro vita in difesa del nostro paese e di quello che oggi stiamo rivendicando.
Perché, che altra opzione rimane ad Euskal Herria? Vedere il nostro paese alla deriva, nel seno della Spagna o della Francia, in funzione delle politiche che applicano Zapatero, Rajoy o Sarkozy al momento di gestire i loro stati in ogni momento? Vedere partiti come il PNV fare commercio e duplicare i suoi beni approfittandosi di questa realtà? Questo paese ha diritto al suo proprio sviluppo. In Europa abbiamo altri esempi, come quelli della Scozia, Kosovo… Pertanto, non stiamo parlando di utopie. Un paese, per garantire la sua sopravvivenza, deve potere strutturarsi, ed è in questo contesto che situiamo il nostro: sovrano, col suo Stato proprio.
Sappiamo che sarà un processo graduale. È un progetto da sviluppare in distinte fasi, perché viviamo realtà differenti a causa della persecuzione politica degli stati della Francia e Spagna. Primo dovremo
passare per il riconoscimento di Euskal Herria, l’accettazione del diritto di autodeterminazione ed il conseguimento di una cornice democratica. Una volta che abbiamo dato quei passi, intraprenderemmo la strada verso la creazione dello Stato di Euskal Herria che aprirebbe la possibilità dell’indipendenza a questo paese.
E non abbiamo il minore dubbio che un’ampia maggioranza di Euskal Herria sia a favore del progetto dello Stato di Euskal Herria. Perché? Perché siamo euskaldunes, cittadini baschi, e per questo abbiamo il desiderio e il bisogno di essere padroni del nostro paese. Non vogliamo che nel nostro paese governi nessun altro; non ci vergogniamo, lo rivendichiamo con tutta la dignità ed orgoglio. Crediamo che tutti abbiano posto nel progetto dello Stato di Euskal Herria.
Ma non sembra che da parte dello Stato francese faggio un cambiamento di atteggiamento rispetto ad Euskal Herria.
Lo Stato francese è cosciente della forza che la proposta di autonomia politica della sinistra indipendentista basca e quella convergenza tra indipendentisti baschi hanno dato alla lotta di liberazione. La risposta del Governo di Sarkozy di fronte a ciò sta essendo l’incremento della
repressione, come le detenzioni ce lo dimostrano negli ultimi mesi.
Per esempio, consideriamo che mediante le operazioni registrate in Garazi hanno voluto tagliare quella lotta e minacciare la sinistra indipendentista basca. I mandatari della Francia stanno cadendo nello
stesso errore del Governo spagnolo.
Prevedevate che l’offensiva del Governo spagnolo in materia repressiva
sarebbe arrivata tanto lontano?
È chiaro, come abbiamo detto in precedenza che il Governo spagnolo mise in marcia un processo nel quale non avrebbe fatto “concessioni politiche.” Dovemmo ascoltare costantemente cose come “di” lì non passeremo, “la Costituzione non si riformerà”… Stimarono che l’Organizzazione aveva uno stato di salute debole e si adattarono ad una linea che pretendeva la fine dell’Organizzazione, senza immergersi in realtà in un processo. Quello che viviamo attualmente, repressione, repressione e ancora repressione, è il seguente passo o capitolo dei calcoli che fecero. Portando a termine una repressione poliziesca e giudiziaria selvaggia contro ETA e la sinistra indipendentista basca,
pretendono di tracciare di fronte la strada verso una “negoziazione tecnica” al futuro. Come se volessero fare fronte alla necessità ed al desiderio di creare uno Stato di Euskal Herria con quelle inconsistenti ricette. Ci risulta strano che, ancora oggi, con l’esperienza di lunghi anni di lotta, non si abbia chiaro per dove passa la soluzione e come si risolve il conflitto.
Negli ultimi mesi si stanno producendo numerose detenzioni, e dal Governo spagnolo si parla della possibilità di sconfiggere poliziescamente ETA. Che cosa rispondete a quelle affermazioni?
È conseguenza di una logica poliziesca nella lettura del conflitto. Ma ETA non ha inteso mai i parametri del conflitto di un senso militare; non c’è sconfitta militare possibile, perché le radici del conflitto
sono politiche. Non c’è vittoria poliziesca possibile contro la volontà dei cittadini baschi.
Nessuno ferma la volontà di questo paese di creare lo Stato di Euskal Herria. Ogni volta che vogliono mettere in dubbio la dignità di Euskal Herria non fanno altro che fortificare la nostra determinazione a lottare.
In questo senso, vogliamo fare un appello al paese affinché si alzi contro l’oppressione e l’arroganza dagli stati della Spagna e Francia, affinché moltiplichi i lavori di ricostruzione ed affinché si organizzi
nella lotta. Il processo di liberazione nazionale non ha ritorno indietro.
Nel comunicato reso pubblico il 15 dicembre passato, ETA annunciava che darebbe risposta a “le prove di terrorismo di Stato contro i militanti baschi.” Che cosa è esattamente quello che volevate fare capire?
Come spieghiamo nel comunicato che facemmo conoscere in quella data, nell’ultimo anno abbiamo constatato diversi movimenti delle forze armate spagnole. Nel decorso del processo di negoziazione aperto tra l’organizzazione ed il Governo spagnolo, li avvertimmo che avremmo fatto fronte al terrorismo di Stato e che dovevano fermare immediatamente quelle manovre che stavano portando a termine. Abbiamo ben presente che lo Stato spagnolo, in tutta la sua traiettoria, ha fatto uso, e sta
facendo uso, del terrorismo di Stato. Soffrimmo i tempi dei GAL durante il mandato di Pérez Rubalcaba e Felipe González, ed oggi abbiamo gli stessi o i loro eredi di fronte nello Stato spagnolo.
È risultato significativo lo sforzo che hanno realizzato per occultare quella denuncia dell’Organizzazione. Tuttavia, il ministro Alfredo Pérez Rubalcaba ci mostrò con parole il francobollo dei GAL quando, in chiara minaccia diretta ai lottatori baschi, dichiarò che l’ascia ha tagliato la testa del serpente. Con quello rimane completamente a nudo il senso del pensiero e della strategia dei dirigenti del Governo spagnolo: sono disposti ad utilizzare tutti i mezzi per silurare la strada che porta all’indipendenza di Euskal Herria.
ETA non lascia passare le manovre di guerra sporca di uno Stato terroristico o la pressione delle forze poliziesche. Agiremo contro gli apparati repressivi che vadano dalla caccia di gudaris o cittadini baschi.
Avete appena attentato alla sede del PSOE in Balmaseda.
Facciamo un appello ai militanti del PSOE perchè domandino al ministro Rubalcaba, al presidente Zapatero o fascisti come Ari fino a dove sono disposti ad arrivare nelle loro pratiche repressive. Stanno torturando selvaggiamente cittadini baschi nelle caserme della guardia civil, applicando loro la borsa di plastica e la vasca da bagno, violentandoli. Stanno condannando cittadini baschi a morire per strada a conseguenza della politica di dispersione. Militanti indipendentisti stanno essendo condannati a centinaia di anni di prigione. I militanti del PSOE dovrebbero riflettere sulle conseguenze che portano tutte quelle situazioni.
Tutte le forze politiche guardano già alle elezioni al Parlamento spagnolo. Come situate quell’appuntamento elettorale nel contesto attuale?
In primo luogo, sotto la nostra prospettiva, dobbiamo dire che quelle elezioni si situano nella crisi strutturale che vive lo Stato spagnolo. E nel centro della contesa tra PSOE e PP si trova la forma di risolvere quella crisi, come fare fronte a quello che risiede nella base di quella crisi: la lotta di Euskal Herria.
Il PSOE sta tentando di dimostrare che è capace di fare più di quello che fece il PP contro la sinistra indipendentista basca e l’organizzazione. Ma la linea repressiva del PSOE è di maggiore portata.
Il PSOE non può accettare la determinazione e la capacità di iniziativa che ha la sinistra indipendentista basca, perché è cosciente che il progetto della sinistra indipendentista basca è invincibile. Sa che battere selvaggiamente la sinistra indipendentista basca gli porterà risultati a breve termine, ma ha anche chiaro che non potrà mai farla finita con la determinazione per raggiungere l’indipendenza.
È lì che situiamo l’iniziativa che ha adottato la sinistra indipendentista basca di fronte a queste elezioni altrui. Ha fatto una scommessa per mostrare che esiste un paese chiamato Euskal Herria e rivendicare lo Stato di Euskal Herria. È per questa ragione che pesa la minaccia della proibizione su ANV.
Quello che risulta strano è che lo Stato spagnolo che tenta giornalmente di forzarci ad essere spagnoli, voglia lasciare la sinistra indipendentista basca fuori della sua legislazione. Hanno cercato per anni di soffocare le ansie di vivere di questo paese nelle loro pseudo-leggi e nelle loro strutture, ed ora sono caduti nella rassegnazione.
È evidente che Euskal Herria non ha posto nell’oppressiva legislazione spagnola.
Ma c’è una cosa che si sta socializzando: che non otterranno di variare la volontà della sinistra indipendentista basca al di sopra di tutti gli atteggiamenti democratici, né il PSOE né il PP.
Ma non osservate un cambiamento di atteggiamento da parte della sinistra
indipendentista basca?
Non la vediamo così. Viviamo un momento nel quale bisogna rinforzare la lotta per l’indipendenza. La sinistra indipendentista basca ha saputo sempre quale era la migliore opzione per accumulare forze davanti ad ognuna delle sfide elettorali. Corrisponde alla sinistra indipendentista basca fare quella riflessione e siamo sicuri che lo farà con successo. ETA chiama tutti i cittadini ad impegnarsi nel processo di costruzione dello Stato di Euskal Herria, dando in ogni momento i passi e le risposte corrispondenti.
Una vittoria del PP non chiuderebbe completamente le porte alle possibilità di negoziazione?
Come abbiamo manifestato fino ad ora, i termini del conflitto sono situati in chiavi politiche, nei parametri del confronto tra Euskal Herria e lo Stato spagnolo, in quel muro che erige lo Stato della Spagna di fronte ai diritti di Euskal Herria. Stiamo davanti ad una questione di Stato, e da quella prospettiva bisogna vederlo.
Per quella ragione, la chiave principale non risiede nell’avere il PSOE nel Governo o il PP, bensì nel riconoscimento dei diritti di Euskal Herria da parte dello Stato spagnolo. ETA, negli ultimi trenta anni, si è seduta con governi di distinti colori con la volontà di dare una soluzione negoziata e democratica al conflitto.
Al contrario, tutti i presidenti della Spagna hanno utilizzato tutti quei tentativi di negoziazione per cercare uscite false al conflitto, col tirchio obiettivo di debilitare ETA e la sinistra indipendentista
basca.
Tutti sono coscienti che il conflitto che contrappone Euskal Herria alla Spagna e alla Francia potrà solo superarsi per la via della negoziazione. Prima o dopo dovranno ritornare a quella strada; cioè, al
riconoscimento dei diritti democratici che spettano ad Euskal Herria.
E come stimate l’appoggio offerto dal PSN ad UPN affinché segua al Governo?
Come abbiamo detto in precedenza, è evidente che esiste un patto di Stato rispetto alla questione basca. Si tratta di decisioni che si adottano a Madrid. Senza dubbio, si impone la denominata “ragione di Stato.” È così che valutiamo quanto successo in Nafarroa. Il PSOE ha situato la governabilità di Nafarroa nelle aspettative di quello che può succedere nelle elezioni della Spagna. Non vuole mostrare la sua posizione, e non lo farà fino ai comizi.
Perché è chiaro che dopo, ed in considerazione dei risultati, faranno passi verso una riforma.
E non bisogna dimenticare che in Nafarroa, nel futuro, pretendono di bollare l’Amejoramiento imposto al paese con l’approvazione e la legittimazione dei cittadini. Ma non con l’obiettivo di dare la parola
al paese ed aprire le porte alla creazione di un Stato di Euskal Herria, bensì con l’unica finalità di situare tutto sotto la riforma dello Stato spagnolo.
Juan José Ibarretxe ha messo sul tavolo un progetto politico concreto. Quale è la posizione di ETA al riguardo?
Nel 79 vedemmo i dirigenti del PNV e di EE sottomessi davanti a Suárez. Senza grandi dissimulazioni, allora negoziarono di spalle al paese e alle basi militanti. Viaggiarono fino a Madrid e portarono a termine l’abbraccio di La Moncloa, sottoscrivendo lo Statuto di Gernika.
Quasi trenta anni più tardi, e per disgrazia di questo paese, li vediamo con le stesse intenzioni.
Non possiamo valutare il Piano Ibarretxe al margine delle tensioni interne che vive il PNV. Nel tempo che Imaz è stato il suo responsabile principale, il PNV ha visto che la sua egemonia e forza nella Comunità Autonoma Basca correva pericolo. I gesti realizzati per sedurre diversi settori dello Stato spagnolo sono sembrati eccessivi alle basi jeltzales; indigeribili per alcuni. Questo è quanto ha provocato il mulinello interno del PNV. Ma diciamo chiaramente che il PNV ha fatto la sua scommessa da una prospettiva di politica e stabilità dello Stato spagnolo e che progetta le sue strategie in quella direzione, insieme ai poteri della Spagna ed un PSOE che sta nel Governo. Il progetto del Treno ad alta velocità è una buona dimostrazione di ciò, come l’appoggio offerto dall PNV ai presupposti della Spagna.
Di quella forma, e tenendo conto dell’attuale situazione politica, Ibarretxe, insieme al PNV, ha cominciato a preparare le elezioni che si celebreranno nel 2009 nella CAV. Col Piano Ibarretxe, hanno creato uno strumento senza paragoni per rappresentare un falso confronto con lo Stato. Un “piano di rotta” per percorrere la strada fino al 2009 e mettere un tappeto rosso ad una nuova Riforma della Spagna. Una nuova frode.
Ma Ibarretxe accusa precisamente ETA di volere portare Euskal Herria al passato.
È un’altra bugia di Ibarretxe. Quello che c’è del passato sono le politiche e proposte che ci condannano a vivere dissolvenze incrociate ad una cornice della Spagna. Vogliamo dire ad Ibarretxe che non abbiamo accettato mai, né accetteremo, la cornice autonomista spagnola.
In ogni modo, con affermazioni di quel tipo lancia messaggi interessati rispetto alla violenza, svisando il discorso sulla violenza con un’ipocrisia, demagogia e cinismo senza limiti. Come se non esistesse la
violenza applicata dalla Polizia autonomistica della Spagna contro i cittadini. Parla di violenza, senza vergognarsi, quando la precaria condizione lavorativa dei lavoratori baschi causa più di cento morti.
Un’altra volta, citate gli incidenti sul lavoro.
Sì, perché quegli incidenti hanno unicamente un nome: “Terrorismo padronale.” Nella nostra opinione, la situazione risulta insostenibile. L’ipocrisia degli impresari non ha limite. Nell’ultimo anno si sono
registrati più di cento morti a conseguenza degli incidenti sul lavoro, ma la cosa più grave è che non si osserva un solo indizio di volere cambiare la situazione.
I sindacati ed i lavoratori hanno proposto e reclamato, molte volte, misure per farla finita con questa situazione. C’è stata infinità di mobilitazioni, ma nessuna risposta.
La risposta e la priorità delle amministrazioni pubbliche è stata passare la palla da una parte all’altra e ribassare le imposte alla Confindustria. L’abbiamo visto chiaramente nell’atteggiamento del overno di Nafarroa e del Governo Basco nell’ambito della sanità, quando si negano alla negoziazione coi sindacati e lavoratori ed impongono le condizioni lavorative ed il loro modello per “decretone.”
L’obiettivo della Confindustria passa per lo sfruttare la classe lavoratrice e, invece di migliorare le condizioni, approfondire la miseria delle famiglie. Ammucchiare ed ammucchiare profitti al di sopra
di tutto, ovviando tutte le condizioni lavorative.
Dicono che gli impresari credano ricchezza, ma non spiegano dove si portano quella ricchezza. Riempiono le loro tasche e si arricchiscono. Che classe di ricchezza è quella per il nostro paese?
Avete menzionato il progetto di Treno ad alta velocità. Quale è la lettura che ETA realizza sullo sviluppo o l’evoluzione di quel conflitto?
In Euskal Herria esistono attualmente infinità di conflitti sociali importanti e piccoli, ma non si osserva nessuna intenzione o volontà speciale di risolverli per mezzo del dialogo e della ragione. In fin dei
conti, stanno dando la ragione ad ETA ogni volta. Se non fossimo intervenuti nel conflitto dell’Autostrada le istituzioni avrebbero imposto, con la forza delle armi, il loro progetto oppressore. Lemoiz, Itoitz, il superpasso, aeroporto, inceneritore ed altro.
E seguiamo tutto ciò con grande interesse, ed anche con inquietudine, perché dà l’impressione che i pseudo-politici e tecnocrati che continuano aggrappati alla poltrona non hanno trato nessun insegnamento da conflitti come quello di Lemoiz o l’Autostrada di Leitzaran. Un’altra volta, stanno scommettendo sul lasciare che il conflitto marcisca, senza volere ascoltare le sensate critiche dirette dai cittadini.
Perfino hanno osato dire che si tratta di un progetto ecologista, necessario o imprescindibile. Le ultime sciocchezze che abbiamo ascoltato rimarrebbero precisamente in quello, in mere sciocchezze, se
non fossimo coscienti che si tratta di un progetto che ipoteca il futuro del nostro paese.
Hanno optato per la disinformazione e l’imposizione. Se si facesse una riflessione ed un dibattito democratico intorno alle necessità di Euskal Herria per strutturarsi come popolo e rispondere alle sue necessità di sviluppo si vedrebbe chiaramente che il TAV non è necessario. Se Euskal Herria, tutta Euskal Herria, avesse capacità di decisione e strutturazione, se contasse su strumenti di potere, bisognerebbe vedere dove finiscono questi progetti. Perché questo atteggiamento di evitare e
proibire consultazioni popolari? Che cosa temono quelli che brandiscono la bandiera dei democratici di Euskal Herra? Non accetteremo imposizioni, che dìano la parola al paese, e che la rispettino.
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