Mediaticamente, aggressione di Villa Ada e rivolta dell’11 novembre diventano la stessa cosa: ragionamento sul mondo delle curve
|Roma, febbraio 2008| L’eco degli arresti dei fascisti laziali ha contribuito a risvegliare pennivendoli in cerca dell’articolo ad effetto per ripaventare l’isteria del “recente terrore” ma anche questurini provvisti di penna propinatori della solita minestra legalitaria.
|Roma, febbraio 2008| L’eco degli arresti dei fascisti laziali ha contribuito a risvegliare pennivendoli in cerca dell’articolo ad effetto per ripaventare l’isteria del “recente terrore” ma anche questurini provvisti di penna propinatori della solita minestra legalitaria. Insomma, prima tra le fila della politica del Palazzo, poi conseguenzialmente tra quelle dei media mainstream (non con meno responsabilità!), vi è una continua tensione nell’individuazione di un nemico, esterno o interno che sia, che vada a far da capro espiatorio alle mancanze e alle colpe di chi è estraneo da ogni contatto con la realtà delle città e delle periferie italiane, pretendendo di governarle e sanando preventivamente ogni conflittualità potenziale. Questo serva un pò da introduzione rispetto alla questione che andremo a sviluppare qui di seguito, partendo (strumentalmente) dalla vicenda degli arresti dei fascisti romani per arrivare a costruire un ragionamento su uno di questi “nemici”: gli ultras. Inutile spendersi in altre sottigliezze: gli arresti sono scattati innanzitutto per le spedizioni criminali di cui si sono resi protagonisti i tifosi della curva laziale, palesando un’identità verso la quale, da antifascisti quali siamo, non nutriamo alcun tipo di tolleranza.
Arrestati venti fascisti della curva nord laziale
Il 26 febbraio la magistratura romana ha fatto eseguire venti arresti e cinquanta perquisizioni negli ambienti dell’estrema destra della capitale. Gli arrestati sono in maggioranza ultras della Lazio e simpazzanti o militanti riconducibili a Forza Nuova, tutti molto giovani, come il leader del gruppo, Francesco Ceci, o il coordinatore nazionale dell’organizzazione giovanile Lotta Studentesca, Daniele Pinti. Il bar Excalibur è il loro tradizionale ritrovo, in piazza Vescovio, a Roma, altrimenti gli incontri si svolgono nella vicina sede di Forza Nuova. In curva nord il loro riferimento è “In basso a destra”, una delle frange del tifo organizzato laziale, dove la rivalità con la curva romanista esiste, ma quando c’è da picchiare non si ferma ai formalismi, dato che i romanisti di “Bisl, Basta infami solo lame” spesso gli fan da spalla. Nell’ordinanza di custodia sono molteplici gli episodi contestati, azioni tutte svolte durante la notte, data anche l’inesistente attività politica del gruppo fascista, il quale si limita all’esercitare violenza contro quelli che individua (anche lei come la politica, molto spesso in continuità con questa) come nemici: campi nomadi e rom, militanti di sinistra e centri sociali, ma anche tifoserie avversarie e polizia. I reati contestati vanno dall’associazione per delinquere, alla devastazione e saccheggio con l’aggravante del terrorismo, ma anche violenza e minaccia a pubblico ufficiale, porto di oggetti atti ad offendere, lesioni personali aggravate, invasione di terreni ed edifici, incendio aggravato e violazione della legge Mancino.
Villa Ada e rivolta dell’11 novembre, due storie diverse
Dalla lettura automatica (e superficiale) data dai media usce un quadro falsificato, che ingloba tutto ciò che viene contestato sotto un’unica lente di osservazione, accomunando i fatti di Villa Ada con la notte di fuoco dell’11 novembre. La dimensione sotto la quale è bene osservare i due avvenimenti è quella della fisionomia di questi: Villa Ada è stata indubbiamente un’infame spedizione fascista contro un concerto di una band marcatamente di sinistra; la rivolta dell’11 novembre, al contrario, non ha assunto un carattere politico (in senso lato) tale da poter definire fascista l’insurrezione ultras mentre porta in sè un carattere fortemente sociale e conflittuale, quindi politica nella determinazione degli obiettivi contro cui scontrarsi. Il 28 giugno 2007, a Villa Ada, all’interno dell'”Estate romana”, durante il concerto della Banda Bassotti, un centinaio di fascisti entrarono nell’area dell’evento armati di coltelli bastoni e catene, inneggiando al duce ed al fascismo; tre ragazzi rimasero a terra, di cui due con ferite da arma da taglio. L’11 novembre 2007, in seguito all’omicidio di Gabriele Sandri, tifoso della Lazio ucciso da poliziotto in un autogrill di Arezzo, si scatenò una rivolta che si concentrò principalmente nella città di Roma ma che vide (prima) emerge un conflitto che si propagò trasversalmente in molti stadi italiani, dagli scontri di Bergamo ai cori di Milano e Livorno contro le forze dell’ordine. E’ da leggere come emblematico il ruolo ed il comportamento del gruppo fascista di piazza Vescovio rispetto ai due fatti appena ricordati: nell’attacco contro il concerto furono i protagonisti di quel criminale assalto, mentre nella sommossa ultras furono solo un gruppo dei tanti che si unirono agli scontri con la polizia e agli assalti contro caserme e Coni. E ciò prende ancor più sostanza con particolarismi che è bene sottolineare: da una parte le direttive di “non belligeranza” che si darono nella nottata dell’11 nei confronti delle frange di sinistra o dei gruppi di immigrati che parteciparono agli scontri, ma anche la, non indicativa seppur significativa, presenza di compagni (due) tra i quattro arrestati in seguito ai disordini.
Nemico ultras
Dicevamo in apertura del concetto di nemicità con cui deve fare i conti il mondo delle curve, degli ultras, categoria demonizzata e criminilizzata, soprattutto mediaticamente, quasi a volerla estromettere da quella che viene definità “civiltà”. Lo stadio, luogo destinato alla condanna morale dei benpensanti, resta uno dei pochi terreni effettivamente popolari, fondati su socializzazione e aggregazione, cose in molti altri contesti difficili da riprodursi. Stadio quindi come luogo in cui migliaia di giovani continuano a trovare quell’identità e quei riferimenti che la società non è capace di dargli, la quale si limita ad offrire un terreno di precarietà e atomizzazione. Giusto sottolineare come sia stata manchevole anche la lettura data da una buona parte del movimento antagonista sulla questione, il che ha contribuito a lasciar libere praterie per l’estrema destra negli stadi e nelle periferie, escludendo a priori una fetta importante di spazi altamente contradditori e non pacificati. Anche l’Italia ha le sue banlieues, con la loro dose di conflittualità e vivacità, che piaccia o meno a moralisti ed ipocriti, che pensano di risolvere il “problema” o negandone l’esistenza o, peggio ancora, etichettando i giovani delle curve come “racaille” di sarkozyana memoria, sminuendo la faccenda a criminale, a questione di ordine pubblico.
Stadio, laboratorio di repressione
programmato di svuotare le curve, forse per riempire i salotti di pay-tv e per “elevareLa politica repressiva adottata, prima dal governo Berlusconi, poi da quello Prodi, mostra da una parte il suo fallimento ma anche la funzione di laboratorio che le curve negli ultimi anni soprattutto hanno assunto. Il decreto Pisanu, poi quello Amato, non han fatto altro che forgiare la rabbia di chi ha subito l’esilio forzato dagli stadi, ma anche l’accumulazione di diffide obblighi di firma e denunce, nel tentativo il livello civile” degli spettatori negli stadi.. Quel che hanno ottenuto, al contrario di quel che inverosimilmente potevano aspettarsi, è stato il conflitto, l’opposizione, come anche la giornata dell’11 novembre dimostra. Queste politiche han fatto si che lo stadio abbia assunto il ruolo di “laboratorio”, luogo in cui la repressione è stata ed è sperimentata, presentandola come misura ad hoc ma valevole anche per tutti gli altri ambiti della società; e l’imputazione di “terrorismo” per gli scontri seguiti all’omicidio di Gabriele Sandri confermano questo tentativo, non è irreale pensare alla facilità con cui questo capo d’accusa (motivato da slogan eversivi) potrà essere rigirato altrove, in primis sul campo dell’antagonismo.
di mn antagonista