Ci sono tre notizie, tre fatti, che disegnano in queste ore il nodo basco fino a oggi irrisolto. Il secondo furgone bomba, in meno di una settimana, questa volta senza vittime. Un intervento del presidente basco Ibarretxe che ammette che senza una soluzione politica, quella repressiva non ha futuro. Un’intervista pubblicata nelle ore scorse dal quotidiano El Pais ad Andres Casiniello, 007 sotto Franco, e dopo, accusato di essere una delle menti e braccio operativo del terrorismo spagnolo di stato negli anni 80 ( Gal, Grupos armados de liberacion).
Il furgone bomba esploso a Getxo, nella gran Bilbao, sul lungo mare, non ha causato vittime ed è stato preceduto da una telefonata di avvertimento. La bomba parla rispetto al luogo e rispetto alla fattura: piazzata davanti al club nautico fondato dal re Juan Carlos nel 1902, dove tre anni dopo ebbe il via la prima edizione della Copa del Rey. Ma soprattutto composta, secondo gli artificieri, da sessanta chilogrammi di una sostanza ancora non chiara, che potrebbe corrispondere ad amonal, una sintesi chimica spesso utilizzata da Eta. Rispetto a cinque giorni fa, quindi, c’è stata una telefonata di avvertimento. E il botto dà un messaggio chiaro al governo Zapatero, sulla capacità operativa e sulle disponibilità di materiali per compiere grandi attentati. Mercoledì scorso era stata colpita una caserma della guardia civil in Alava, con un morto e due feriti, qui siamo in Vizcaya. E gli investigatori, secondo le cronache spagnole, sono propensi a tracciare una nuova struttura di commando pronti a colpire anche al di là della base territoriale nelle stesse provincie basche.
L’intervento del presidente del Partido nacionalista vasco. Ibarretxe sostiene che con la repressione il problema non troverà una soluzione: le sue parole sono frutto di una strategia che aderisce alle aspettative politiche di un protagonista della politica basca che ha un piano, quello di un referendum a breve, e che si vede sbattere la porta in faccia da Zapatero. Il premier spagnolo ha detto che lo accoglierà per parlare del suo piano, ma ha già detto e fatto dire che quel piano non va bene e che non si incastra nei dettami costituzionali spagnoli. Tutto questo nonostante il Pnv abbia cercato nelle ultime stagioni di collaborare, strumentalmente, proprio con i socialisti e sottolineando l’abbandono di quella parola che hanno nella sigla ‘nazionalista’, per piani di carattere ancor più autonomisti.
Andres Casiniello, infine. Si permette, a oltre ottanta anni, di fare il chulo ( lo spaccone) nell’intervista con El Pais ( il giornalista: “era lei il capo dei Gal”. La risposta:”Se lei lo sapesse davvero, la sua vita non varrebbe due pesetas”). È l’anello di congiunzione di due aspetti legati e che sembrano, ma solo sembrano, distanti. Gli anni del terrorismo di stato spagnolo, i commando di mercenari controllati dalla guardia civil e pagati con i fondi neri del ministero dell’interno. Almeno sette anni di sparatorie e omicidi (1982-89) nelle provincie basche con il mirino puntato contro militanti baschi nazionalisti di Herri Batasuna, rifugiati, militanti di Eta.
Oggi la guerra sucia, la guerra sporca, non è avviene più in punta di pistola. Ma l’offensiva contro il nazionalismo cosiddetto ‘radicale’ e di sinistra è portata avanti con lo strumento giuridico-politico. Lo dicono importanti testimonianze di parlamentari, europarlamentari, giornalisti e soprattutto avvocati stranieri che monitorano la situazione dei diritti umani nei Paesi baschi. Eta mette le bombe e uccide. Il nazionalismo moderato ripete messaggi già sentiti nel passato: con la repressione di polizia non si può sconfiggere una realtà come quella di Eta.
Il governo centrale, al secondo mandato di Zapatero, ha scelto la linea dura, incassando l’appoggio della destra, più che mai confusa, di Mariano Rajoy.
E chi conosce la melma storica degli accordi e delle violenze di stato, chi ha contribuito a formare e gestire i servizi segreti della Transizione, dice una cosa che viene spesso dimenticata nelle analisi politiche.
Casiniello risponde così alla domanda del giornalista sul futuro dei negoziati fra governo ed Eta: “Sospetto che sempre ci sia un segreto che non si deve raccontare. Sempre si è parlato con Eta, e mi sembrerebbe assurdo che non lo si facesse. E’ un obbligo. La pace è da ricercare sempre, non a qualunque costo, ma si deve cercarla”. E aggiunge a conclusione: “C’era un foglietto, da qualche parte, molto curioso delle guerre carliste, dove si diceva che avevano provato di tutto [con i baschi, ndr] : a incarcerarli, amnistiarli, mantenere il loro grado militare. Ma nonostante tutto il conflitto proseguiva. Questo diceva il foglietto. Bisogna continuare a provare”.
Angelo Miotto
di mantovantagonista