[Valsusa/Torino, 29 giugno 2008] Con una conferenza stampa nella Prefettura di Torino è stato presentato, rimbalzando su ogni media, il documento finale per la prima sessione di lavori dell’Osservatorio tecnico sulla Torino Lione presieduto da Mario Virano. Il luogo dell’accordo si è dimostrato tale, commissario straordinario, sindaci della Valle, tecnici del governo e della Comunità montana, e istituzioni piemontesi hanno sancito il lavoro comune nel fare il Tav. Lasciando per un attimo da parte la propaganda mediatica, e allegando a lato il testo dell’accordo (in pdf), possiamo dire da subito che sebbene non si parli di tracciati definitivi, il documento è il suggello ad un percorso, quello dell’Osservatorio, che poteva solo portare a decidere il modo politico in cui tentare di realizzare l’opera. E così è stato, anche se nel documento di lineee e tunnel se ne parla, di comune accordo con i poveri sindaci a battere la mani, tutti hanno detto: il Tav si farà. Il come è chiaro: dialogando.
Alla lobby del Tav serviva questo, un si ufficiale da parte della comunità (i sindaci, 32 persone) per dire che il problema è risolto, siamo d’accordo, possiamo partire, cosicchè i finanziamenti europei saranno incassati, i politicanti canteranno vittoria di essere riusciti a mediare e il movimento è un triste ricordo. Facile da dirsi e anche se nella società dello spettacolo la comunicazione è tutto…ci sono ancora un paio di conti da fare. La nuova era del governo Berlusconi vede un altro tassello incastonato nel mosaico delle cose fatte e dei problemi risolti: dopo i rifiuti di Napoli, la sicurezza per tutti, ecco le grandi opere; la realtà però e che così non è nemmeno su un punto, tutto è rimandato, con finezza e astuzia, ma rimandato e di risolto non c’è nulla. Il discorso sul Tav è complesso e la mediazione raggiunta con le amministrazioni locali è sicuramente dannosa, ma rappresenta ben poco considerando la vitalità del movimento no Tav e nessuna ombra di tracciato ufficiale.
Sono parole che però aprono delle strade chiare a chi vuole realizzare l’opera a tutti i costi e in questo i sindaci valsusini sono dei poveri complici, pavoneggiati dal governo, si sono ritagliati il ruolo degli utili idioti in questa vicenda. Prima con Prodi ora con Berlusconi hanno gettato le basi per un rapporto di potere che li lega strettamente a quel partito trasversale degli affari che vuole il Tav. Hanno presentato un tracciato alternativo, il Fare, un misto di lavori tecnici da fare in 50 anni, che però nasce calato sulle teste dei valsusini e che di per sè rappresenta una disponibilità a collaborare che prima non c’era mai stata. Forse credono in un ennesimo modo di dilatare i tempi, pensa qualcuno quando vede le foto dei blocchi del 2005, ma loro si sono già estromessi, volano alto, sono ri-diventati solo sindaci, e quindi come tutti gli altri, non più sindaci di movimento.
Il movimento dal canto suo ha poco da dimostrare, lo ha già fatto e lo sta facendo, l’ultima edizione di compra un posto in prima fila ha dimostrato una disponibilità alla resistenza che a tre anni dalle lotte di Venaus non era scontata e da lì riparte. L’Osservatorio prima fase si chiude comunque con una proposta di tracciato che Ltf ha fatto, e che per tutti i fan dell’alta velocità è la migliore in assoluto, tracciando una ferrovia veloce che s’interra nei paesi, che costeggia l’autostrada, che probabilmente farà crescere le margherite ad ogni treno che passa. Ed è su questo che i media dichiarano vincitori i proponenti e chiedono al movimento su quali basi ancora si oppone. Il no al Tav è un punto chiaro e fermo, significa la non accettazione di un ennesima infrastruttura che la valle deve subire, non serve neanche dire che questo fantomatico trasporto delle merci tutto su treno non è fattibile, nemmeno che la crisi economica mondiale non è destinata ad esaurirsi molto in fretta, nemmeno che un km di alta velocità costa a chi paga le tasse 60 milioni di euro, tanto nessuno lo pubblicherà mai. Servirà dimostrarlo, quando avranno un tracciato definitivo e li si che faremo la conta, a “moda nostra” come si dice nella Valle che Resiste.
di mantova antagonista