Evo Morales, che aveva vinto il referendum di agosto con un largo margine (il 68%), in una elezione al di sopra di ogni sospetto, ha visto gli sconfitti passare al contrattacco con violenze di ogni genere, distruzione di impianti ed edifici governativi e aggressioni razziste agli indigeni sostenitori del presidente (definito “macaco” dal governatore di Santa Cruz).
Evo Morales, che aveva vinto il referendum di agosto con un largo margine (il 68%), in una elezione al di sopra di ogni sospetto, ha visto gli sconfitti passare al contrattacco con violenze di ogni genere, distruzione di impianti ed edifici governativi e aggressioni razziste agli indigeni sostenitori del presidente (definito “macaco” dal governatore di Santa Cruz).
La furia della destra si spiega con il suo arretramento e con l’avanzata di Evo, che nel 2005 era stato eletto “solo” col 53,7%, che pure non era male; il suo partito, il MAS, aveva avuto nel 2006 il 51%. Quello che spaventa la destra e che Evo ha avuto anche importanti successi nelle stesse province governate dai suoi oppositori, conquistando la maggioranza assoluta in quella di Pando, pareggiando in quella di Tarija e passando dal 20 al 40% circa in quella di Beni e di Santa Cruz.
Il voto è complesso e dissociato, una parte di chi ha votato Evo ha confermato i dirigenti locali che evidentemente non condanna totalmente. Probabilmente anche chi vuole che Evo continui, teme ci sia nella nuova costituzione un eccessivo centralismo. La questione dell’ autonomia, come in Venezuela, è molto sentita e può consentire spazi di manovra alle destre.
In ogni caso non ci sono dubbi che in questa fase la tendenza è a favore di Evo, quindi la destra ha fretta di far precipitare lo scontro, con l’avallo dell’ambasciatore USA Philip Goldberg, che è stato giustamente cacciato dichiarandolo persona non grata. Un atto legittimo e ragionevole, che verrà presentato qui da noi come “dittatoriale”… dopo tre elezioni consecutive stravinte con la maggioranza assoluta dei voti!
D’altra parte anche Hugo Chávez ha denunciato tentativi golpisti, e in Ecuador se ne parla apertamente da molte settimane. Perfino il mite e moderato vescovo Lugo, neo presidente del Paraguay, ha denunciato manovre golpiste del gen. Oviedo, con cui poco fa aveva tentato un accordo.
Evo Morales e gli altri presidenti più o meno progressisti minacciati dai colpi di coda di un Bush agli sgoccioli, hanno tutta la nostra solidarietà.
Ma dobbiamo sottolineare che le manovre golpiste non nascono solo a Washington: in ognuno dei paesi che hanno imboccato la strada del rinnovamento, ci sono ancora forze potenti che hanno paura di perdere i loro privilegi: ci sono apparati repressivi rimasti intatti, ci sono capitalisti che si sentono minacciati, ci sono militari addestrati all’Accademia delle Americhe di Panama o direttamente negli Stati Uniti.
Tutti questi paesi sono amici di Cuba, ma devono riflettere sulle ragioni della sopravvivenza di questa isola, tanto duramente attaccata dall’imperialismo, per tanti anni isolata, e a volte anche indebolita da errori dei suoi dirigenti. Ma ha resistito perché la sua rivoluzione non si è fermata a metà, e ha spazzato via una volta per tutte militari di mestiere e capitalisti. Oggi il processo è continentale, e ci sono le condizioni per portarlo avanti con decisione.
Viva la rivoluzione bolivariana!
di Antonio Moscato