Pisa, Domenica 7 Dicembre 2008
Viviamo una crisi economica sistemica, dovuta all’esplosione dell’economia capitalista, prodotta da banchieri, imprenditori, politici, mafie e speculatori, che hanno investito su capitali ipotetici in realtà inesistenti. Questa grande crisi attuale colpisce tutti e ci viene fatta pagare in termini di tagli e privatizzazioni, negazioni di diritti, smantellamento del welfare e di politiche sociali.
“Noi la crisi non la paghiamo” è lo slogan lanciato dalle scuole e facoltà in mobilitazione da mesi, e gridato adesso anche da tutti i soggetti sociali che la crisi non vogliono pagarla, dai precari ai migranti, dai pendolari ai lavoratori Alitalia, dagli insegnanti agli occupanti di case.
In questi mesi l’onda sta dimostrando di saper parlare linguaggi diversi, di essere uno studente come un professore, un precario come un genitore, ha mostrato a tutti come ribellarsi alla crisi sia possibile; per questo sentiamo la necessità di guardare oltre le scuole e le università.
Il 12 dicembre sarà sciopero generale, un altro sciopero convocato anche grazie all’onda, che ovviamente generalizzeremo, chiudendo le nostre scuole e scendendo in piazza, senza portare sterili solidarismi ai lavoratori, ma costruendo insieme ad essi una battaglia che è comune.
Infatti il nostro governo per uscire dalla crisi sta tentando di distruggere ogni senso di comunità sociale, mettendo individuo contro
individuo, dirigendo la ricchezza dalle fasce sociali più basse all’alta finanza e nutrendosi allo stesso tempo di razzismo e xenofobia, fomentando una guerra tra poveri, nascosta sotto il nome di meritocrazia.
A questa atomizzazione della società non rispondiamo nel senso inverso, valorizzando la forza dell’azione collettiva nazionale; oggi
è solo l’unione di individui, capaci di autodeterminarsi collettivamente, che può opporsi con forza ed efficacia a questi attacchi indiscriminati.
Il concetto di meritocrazia distorta si ripropone all’interno della scuola, dove serve a nascondere la selezione sociale; la stessa scuola che già adesso risponde a logiche di discriminazione e disuguaglianza e che tradisce la sua natura costituzionale, poiché basandosi sulle logiche del profitto, si nega come strumento di emancipazione sociale.
Gli otto miliardi di tagli della finanziaria all’istruzione e la devastazione della legge Gelmini, hanno spianato il terreno e aperto le porte allo smantellamento completo dell’istruzione pubblica.
Il culmine di questo processo ora lo vediamo nella proposta di legge del deputato Aprea, presidente della commissione cultura della camera.
Come per l’università, il completamento della privatizzazione dell’istruzione pubblica coincide con l’istituzione del regime di fondazione: la qualità dei percorsi di formazione sarà determinata dai finanziamenti degli enti privati esterni che attraverso questi acquisteranno un posto nel Consiglio di amministrazione, l’organo che sostituisce il Consiglio d’Istituto, ma ne diminuisce il numero.
La proposta Aprea parla di partner esterni affiliati alle scuole, sancendo definitivamente la vendita del sistema formativo alle logiche di mercato e di business.
La proposta di legge comprende anche una ristrutturazione dell’ordinamento giuridico degli insegnanti, che impone un anno obbligatorio di precariato e la suddivisione in docenti iniziali, ordinari ed esperti. L’uscita dal precariato ed il passaggio di livello è affidato al parere favorevole dei docenti esperti, figure di fatto analoghe ai baroni universitari.
Questo comporta un’ulteriore verticalizzazione dell’intero sistema di educazione, a partire dal nuovo ruolo manageriale del preside, le cui funzioni arrivano fino alla contrattazione individuale con i singoli docenti.
Come studenti abbiamo la necessità di attraversare queste logiche di verticalizzazione, costruendo dal basso la nostra autoriforma, partendo dalle pratiche quotidiane di autogestione e occupazione, di liberazione di spazi e tempi.
L’autoriforma parte dalla rivalutazione del ruolo dello studente all’interno della scuola e della sua stessa formazione, per questo si basa sulla riappropriazione dei contenuti, anche attraverso la collaborazione studente-docente. La cultura e il sapere critico dell’autoriforma e dell’onda si contrappongono alla sterilità del nozionismo degli attuali programmi ministeriali.
Per questo riteniamo fondamentale aprire la didattica ad una programmazione collettiva e condivisa, riscrivendo i programmi dal basso all’interno dei gruppi di materia, rendendo lo studente componente fondamentale ed attiva dell’istruzione e la scuola in grado di saper affrontare i mutamenti generazionali e sociali.
Ad esempio una di queste evoluzioni è il meticciamento e la multi etnicità. La cultura deve saper essere inclusiva e valorizzare l’eterogeneità culturale, rifiutando ogni tentativo di introduzione del razzismo, come per le classi ghetto.
La formazione deve essere accessibile a tutti, senza discriminazioni né per il colore della pelle, né per la possibilità economica: per questo dai libri di testo ai trasporti, dai teatri ai musei, l’accesso ai saperi deve essere gratuito e libero.
E’ evidente che per garantire tutto questo servono fondi, gli stessi fondi di cui l’istruzione, come la sanità e l’intero settore pubblico vengono continuamente privati, mentre basta un prete per farli saltare fuori e mentre vengono continuamente finanziate le spese militari.
La scuola non deve pagare la crisi economica né in termini di finanziamenti, né tantomeno in termini di vite. La tragedia di Rivoli testimonia l’assurdità di anni di politiche di tagli e disinteresse nei confronti dell’edilizia scolastica. Non si può morire di scuola, non si può morire sul lavoro, non si può morire nelle piazze.
Gli stessi meccanismi di intimidazione e repressione che vediamo applicati nelle nostre città hanno raggiunto le peggiori conseguenze sabato scorso ad Atene, dove un ragazzo di 15 anni, Andreas, è stato ucciso dai colpi sparati da una camionetta di polizia durante un corteo in favore del diritto allo studio.
Ad ogni meccanismo e strategia di tensione rispondiamo che non siamo noi ad avere paura. A dimostrare di averne sono i governi in crisi che, non sapendo più come gestire un sistema che gli è sfuggito dalle mani, un’onda in grado di travolgerli, sono pronti persino a sparare, a sguinzagliare i soliti “utili idioti” provocatori nelle piazze, a denunciare e sgomberare gli studenti che occupano.
La loro debolezza non ci spaventa, le politiche securitarie non possono fermare il movimento di oggi come non l’hanno mai fermato dal 1969.
Il 12 dicembre, nell’anniversario dell’inizio della strategia della tensione con lo scoppio della bomba in piazza Fontana, dedicheremo i nostri cortei ad Andreas. Nei prossimi giorni riempiremo le nostre città di iniziative diffuse per denunciare la vergogna di questo omicidio e per chiedere giustizia.
Stiamo lottando da anni in difesa della scuola pubblica e per la costruzione di un sistema formativo migliore. Continuiamo adesso di fronte ai nuovi tentativi di svendita e di privatizzazione: in concomitanza della discussione in parlamento della proposta di legge Aprea ci saranno giornate di autogestione, occupazione, blocco della didattica e nei giorni dell’approvazione una grande data di mobilitazione nazionale in ogni città, che miriamo a condividere con una cittadinanza consapevole dei problemi della scuola, che riguardano l’intera società.
Dall’assemblea nazionale degli studenti medi.
sono presenti le città: Roma, Milano, Pisa, Bologna, Torino, Firenze, Napoli, Bari, Alessandria, Potenza, Reggio Emilia, Parma, Carrara, Verona, Grosseto, Empoli, Viareggio, Lucca, Livorno, Mantova, La Spezia, Cagliari, Velletri e molte altre.
di collettivo ‘Aca Toro