Negli istituti superiori i rincari per le famiglie variano dai 15 ai 50 euro I presidi: scelta difficile ma inevitabile, lo Stato ci sta tagliando i finanziamenti Stangatina in arrivo per le famiglie che devono iscrivere i figli ad una scuola superiore. Una parte degli istituti mantovani applicherà un aumento, variabile dai 10 ai 50 euro, ai costi dei cosiddetti ‘contributi volontari’ che vengono versati alla fine di gennaio o, nel caso dei ragazzi che l’anno prossimo frequenteranno la prima, in giugno. A decidere i rincari sono stati i consigli d’istituto, gli organismi decisionali che comprendono al proprio interno anche i rappresentanti di genitori e allievi.
dalla gazzetta di oggi (22/01/09) di Nicola Corradini
«Scelta difficile, ma le casse delle scuole sono ormai quasi a secco», dicono i presidi. «I costi di gestione aumentano – spiega Ernesto Flisi, dirigente dell’Itas Mantegna e presidente dell’Aisam, l’associazione delle scuole mantovane – ancora non sappiamo quanti saranno i contributi dallo Stato, ma già siamo certi che vi saranno dei tagli». E allora si cerca di risparmiare su tutto, «dalla carta per le fotocopie a quell’igienica», dice un altro dirigente. Ma non sempre si riesce a far quadrare i conti e così diversi consigli d’istituto hanno preso la drastica decisione di aumentare il costo delle iscrizioni. A Geometri e Magistrali, ad esempio, il contributo volontario passerà da 95 a 110 euro (80 per le spese di funzionamento, 30 per le attività parascolastiche). «Non è facile prendere una decisione simile per una scuola pubblica, ma i finanziamenti che riceviamo da Roma ormai non bastano più», dice la preside Maria Rosa Cremonesi. All’Itis l’iscrizione costerà 50 euro in più, passando da 180 (120 per la gestione, 60 per il prestito dei libri di testo) a 230 euro. Il Mantegna di Flisi, invece, terrà fermi i prezzi delle iscrizioni per gli ‘interni’, ma raddoppieranno i contributi per i ‘privatisti’ che devono affrontare l’esame d’idoneità (da 20 a 40 euro) o quello d’ammissione alla maturità (da 25 a 50 euro). Niente aumenti all’Itc Pitentino («Resistiamo da tre anni sui 104 euro», dice il preside Vincenzo Dalai) e all’Istituto d’arte («Ne avremmo bisogno, ma non faremo pagare ai genitori le inadempienze dello Stato», dice il preside Antonio Piazza). Verso l’aumento, invece, i contributi dell’Ipsia Vinci, dove presto si terrà la riunione del consiglio d’istituto dedicata all’argomento. «I contributi oggi oscillano tra i 75 e gli 85 euro – spiega la preside Cristina Montanelli – ma abbiamo molti laboratori e le spese aumentano continuamente. Anche se in misura contenuta dovremo incrementare il contributo richiesto». E per garantire qualità alla didattica è caccia al partner tra banche e ditte Cercasi partner per trasformare le scuole in fondazioni. Da quando, alla metà degli anni’90, è stata introdotta l’autonomia amministrativa, i presidi degli istituti, soprattutto (ma non solo) nelle superiori, si sono dati da fare per trovare mecenati nel mondo del credito e dell’industria. L’obiettivo, ovviamente, è sempre stato quello di trovare fondi per finanziare progetti didattici avanzati, non contemplati dai normali programmi. «Ma oggi, visti i tagli di risorse da parte dello Stato, rischiamo di dover cercare partner per garantire la gestione ordinaria – dice il preside dell’istituto d’Arte Antonio Piazza – noi puntiamo a realizzare prodotti per enti e soggetti esterni. Ad esempio, in questo periodo i nostri ragazzi stanno curando il logo di un progetto dell’Asl per incentivare l’uso del latte». Ogni scuola cerca di creare solide relazioni con aziende dei settori più vicini alla vocazione dei propri indirizzi di studio. In tempi di vacche magre per l’economia e la finanza, trovare enti o ditte disposte ad elargire fondi ad un istituto scolastico diventa però sempre più difficile. E allora c’è chi pensa di trasformare la scuola in una Fondazione. Un’ipotesi a cui si sta pensando all’Itis Fermi. Milleduecento iscritti, l’istituto di strada circonvallazione potrebbe dar vita ad una fondazione con i soci privati nel consiglio d’amministrazione. «Ci stiamo pensando, questo consentirebbe di risolvere il problema delle risorse», spiega la preside Cristina Bonaglia. Non si corre il rischio che, così facendo, la scuola perderà la propria autonomia. In genere, in una società, comanda chi ha più azioni. «Ovviamente lo statuto dovrebbe prevedere la piena autonomia per gli aspetti didattici del personale docente», dice la Bonaglia.
di collettivo studentesco aca toro