Morde sempre più stretto la crisi, rintracciabile nelle sue ricadute (sul reale) già in diverse zone d’Europa. Il processo di dismissione industriale, di ciò che resta nell’oggi post-fordista del blocco Occidentale, va in parallelo con il progressivo erodersi di uno stato sociale da tempo destinato, per mano dei governi, verso il suo pesante ridimensionamento. La global crisis non fa che da detonatore, che industriali in testa stanno cercando di usare per mettersi al riparo dalle tegole che cadranno.
Il fronte del mondo del lavoro, pur nelle difficoltà di un contesto impoveritosi, reagisce opponendosi alle prospettive di salvaguardia dei soli interessi del capitale, aprendo vertenze in primo luogo contro le chiusure degli stabilimenti. La Francia è stata attraversata ieri da 2 focolai operai: proteste capaci di far il passo in più per esigere l’attenzione dovuta, ponendo questioni non sopibili da promesse e teatrini perchè strettamente legate al vita e al lavoro di migliaia di persone.
SonyFrance ha annunciato la chiusura della fabbrica di Pontnox-sur-l’Adour per il prossimo 17 aprile, ciò ha mobilitato gli oltre 300 dipendenti contro i licenziamenti. L’amministratore delegato dell’azienda, Serge Foucher, è stato quindi costretto dalle proteste ad andare a confronto con i lavoratori, per l’ultima volta prima della serrata. Di fronte alla saccenza e alla sordità del dirigente della SonyFrance gli operai hanno trattenuto per tutta la notte l’amministrato delegato nella sala riunioni, liberandolo solo in mattinata.
Rabbia anche a Clairoix, per la chiusura dello stabilimento Continental. Il produtto di pneumatici tedesco ha annunciato mercoledi scorso la decisione di chiudere, il che lascerà per strada 1120 operai. Sempre nella giornata di ieri anche i lavoratori della Continental hanno messo in atto una dura protesta contro l’azienda: lanciate aranti e vari oggetti contro la sede della fabbrica, decine di pneumatici sono stati dati alle fiamme. I lavoratori hanno annunciato che proseguiranno le mobilitazioni, continuando lo sciopero e l’astenzione dal lavoro, sentendosi presi in giro vista la recente firma posto al fondo di un accordo che prevedeva il ritorno alle 40 ore di lavoro a settimana in cambio dell’impegno di mantenere lo stabilimento in produzione almeno fino al 2012.
Il vento della crisi soffia, sempre più soggetti non la voglion pagare!
di NPA