A darne la notizia, dopo ore di scontri, è stata la stessa polizia. Uno dei manifestanti è morto. Si parla di crisi cardiaca ma a crederci sono in pochi tanto incombe su tutti il fantasma di Genova. La tragedia – sempre in base alle stesse fonti – sarebbe accaduta nei pressi della Banca d’Inghilterra. E’ sera inoltrata quando arrivano le prime voci ma la giornata è cominciata assai prima e con tanto di avvisaglie. Un calcio, poi un altro. La parete del cantiere in cui una ventina di persone si sono rifugiate per sfuggire alle cariche della polizia cigola sotto la furia di un reparto antisommosa. “Arrivano, arrivano!” grida qualcuno. Tutti di corsa all’impazzata sul terreno sconnesso. La polizia alle spalle. La paura delle manganellate. Un altro parapetto da scalare aiutandosi l’un l’altro in fretta e furia prima che arrivano gli agenti. Poi via di corsa tra macerie e macchine da costruzione. Le guardie di sicurezza che controllano il cantiere che gridano minacciose e fanno segnali agli agenti. Un’altra parete di legno da scalare dall’altro lato del cantiere. Un salto alla cieca prima di atterare sull’asfalto. Un sospiro di sollievo e poi via di corsa.
A darne la notizia, dopo ore di scontri, è stata la stessa polizia. Uno dei manifestanti è morto. Si parla di crisi cardiaca ma a crederci sono in pochi tanto incombe su tutti il fantasma di Genova. La tragedia – sempre in base alle stesse fonti – sarebbe accaduta nei pressi della Banca d’Inghilterra. E’ sera inoltrata quando arrivano le prime voci ma la giornata è cominciata assai prima e con tanto di avvisaglie.
Un calcio, poi un altro. La parete del cantiere in cui una ventina di persone si sono rifugiate per sfuggire alle cariche della polizia cigola sotto la furia di un reparto antisommosa. “Arrivano, arrivano!” grida qualcuno. Tutti di corsa all’impazzata sul terreno sconnesso. La polizia alle spalle. La paura delle manganellate. Un altro parapetto da scalare aiutandosi l’un l’altro in fretta e furia prima che arrivano gli agenti. Poi via di corsa tra macerie e macchine da costruzione. Le guardie di sicurezza che controllano il cantiere che gridano minacciose e fanno segnali agli agenti. Un’altra parete di legno da scalare dall’altro lato del cantiere. Un salto alla cieca prima di atterare sull’asfalto. Un sospiro di sollievo e poi via di corsa.
Una protesta di massa ha mandato ieri in tilt la City di Londra, con una folla colorata e determinata che ha urlato forte che è ora di cambiare rotta, e che il neoliberalismo deve rimanere nella tomba. La manifestazione è stata segnata da scontri, dopo che la polizia ha risposto con mano pesante all’affluire di migliaia di persone infuriate per la crisi economica e l’ipocrisia dell’elite politica e finanziaria. Spintoni e cariche sono cominciate dopo che la polizia ha imprigionato per oltre quattro ore la gente nell’area portandola all’esasperazione.
Alla pressione della folla che voleva uscire dai cordoni degli agenti, le forze dell’ordine hanno risposto con manganelli, spray urticante, e polizia a cavallo. Una trentina di persone sono state arrestate nella zona attorno alla Banca d’Inghilterra e le cariche della polizia hanno lasciato sul terreno decine di feriti – di cui alcuni gravi.
Quando attorno a mezzogiorno oltre ottomila persone convergono a pochi minuti di stanza nella piazza di fronte alla sede della banca nazionale è subito chiaro che questa non è una piccolo azione simbolica dei no-global, ma una vera e propria manifestazione di massa a cui si sono unite centinaia di persone alla loro prima esperienza di piazza, cosa inusitata per queste latitudini.
La polizia ha cercato di spegnere la manifestazione sul nascere cordonando i manifestanti attorno alle stazioni di Liverpool Street, Cannon Street, Moorgate e London Bridge punto di ritrovo dei quattro cortei della coalizione G20 Meltdown, guidate da pupazzi che simboleggiavano i cavalieri dell’Apocalisse. Ma sospinte da rivoli di persone giunte in rinforzo nell’area della protesta, le forze dell’ordine sono state presto costrette a fare procedere i cortei fino alla loro destinazione.
Tra la gente radunata di fronte alla banca d’Inghilterra una folla variegate, composta da ecologisti, attivisti contro la guerra, anarchici ma anche tanta gente comune alla prima esperienza di piazza.
Tra questi Mick, un pony express, che lavora per diversi uffici nella City. “Sono venuto qui a vedere quello che la gente ha da dire. Anche noi siamo preoccupati perché il lavoro comincia a scarseggiare per noi a causa del collasso del settore finanziario”. Brian, 55 anni, lavora come rappresentante di una ditta di cartoleria ed ha deciso anche lui all’ultimo minuto di unirsi alla protesta “perché è uno scandalo che gente che ha lavorato tutta la vita abbia perso la propria pensione per colpa delle banche”.
Per un po’ nel centro della City si respira un’atmosfera da festa in piazza, bande che suonano musica balcanica, piccoli sound system che fanno ballare gruppetti di manifestanti. Coppie di attivisti con il bebe nel passeggino che camminano a lato di militanti in completo nero con le bandiere rossonere. Un battello pirata invita banchieri e poliziotti a convertirsi al movimento. I cartelli recitano “è venuto il momento di riprenderci quello che ci hanno tolto” e “Disgustosa Signora Thatcher guarda a che cosa ci hai portato”.
Ma dopo un paio di ore il clima cambia. La polizia comincia a farsi più aggressiva. In molti vogliono muoversi altrove per continuare la protesta o per tornare a casa. “La polizia mi sta impedendo il mio diritto al movimento – urla Tom un pensionato di 62 anni, che non partecipava a una protesta da 20 anni – queste sono le prove generali dello stato di polizia”.
Verso le due e mezza la parte più radicale del corteo decide di reagire. Duemila persone si fanno strada su Threadneedle Street e spintone dopo spintone respingono gli agenti. Una sede della Royal Bank of Scotland, infangata dallo scandalo della crisi dei mutui e dal fondo pensione da decine di milioni di sterline, messa in tasca dall’ex manager Fred Goodwin viene presa d’assalto.
Venti manifestanti riescono a fare irruzione nell’edificio e per un quarto d’ora mettono a soqquadro gli uffici, distruggendo computer e mobili e tirando giù una vetrina. Uno dei ragazzi monta una tenda dentro l’edificio per inscenare un’occupazione. Fuori la folla urla eccitata e alcuni ragazzi si arrampicano sulle facciate degli edifici circostanti per assistere alla scena. La polizia risponde irrompendo nella banca, e arrestando alcuni occupanti. Poi dietro le fila della polizia fanno la comparsa una ventina di poliziotti a cavallo. Ma la folla non si fa intimidire e grida in coro – Di chi sono le strade? Le strade sono nostre.
Molto piu’ tranquille le altre due grandi proteste che si sono svolte in parallello a G20 Meltdown. Quasi duemila attivisti del Climate Camp sono riusciti ad occupare attorno a mezzogiorno Bishopsgate la grande strada antistante il Climate Exchange Market la borsa delle emissioni dei gas serra. Sotto tono la protesta di Stop the War di fronte al parlamento a cui hanno partecipato poco piu’ di un migliaio di persone.
Dopo la grande partecipazione registrata nella protesta di oggi e la mano dura usata dalle forze dell’ordine c’è da aspettarsi scintille nelle proteste di domani dirette contro l’ExCel Centre nei Docklands dove si riunira’ il G20. Sono previste tre marce che si dirigeranno sin dalla mattinata verso il centro conferenze per mettere sotto scacco i leader dei venti paesi piu’ ricchi al mondo. “Sono dieci anni che non vedo una manifestazione come questa a Londra – afferma Karen un’attivista londinese, dopo la lunga giornata di ieri – mi sa che domani ne vedremo delle belle”.
di Paolo Gerbaudo (dal Manifesto)