[Mantova] Scuola tra buchi di bilancio e discriminazioni

Negli ultimi giorni sono apparsi diversi articoli sulla Gazzetta di Mantova riguardanti le sempre più pressanti emergenze che dovranno affrontare le scuole superiori, duramente colpite dai tagli voluti dal trio Gelmini-Tremonti-Brunetta.
Gli otto miliardi tagliati dal governo stanno creando crepe profonde nella scuola-efficenza tanto cara a Mariastella Gelmina e al suo predecessore Fioroni, il quale durante l’ anno e mezzo da ministro pensò in modo molto acuto di tagliare le finanze e allo stesso tempo aggiungere sfiancanti corsi di recupero estivi.
Dopo due anni e molti miliardi in meno per l’ istruzione vediamo scomparire totalmente le lezioni di recupero e rafforzamento ( sportelli o I.D.E.I. ), che gli studenti potevano decidere come e quando farli con il professore in orario pomeridiano, e dopo due anni di inutili sforzi per professor* e student* rischiano di scomparire anche i corsi di recupero estivi. I nuovi presidi maneger, alienati dai loro nuovi compiti da broker di Wall Street oltre che lamentarsi per mezzo stampa stanno limando i minuti delle ore di lezione ordinarie per far saltare fuori qualche umida ora di ripasso estivo.

Il secondo articolo invece si riferisce alla possibilità che ai figli di clandestini, dopo aver frequentato e studiato per cinque anni con i loro coetani, venga negato l’ accesso all’ esame di stato. Questa è una delle innumerevoli cause disastrose del pacchetto sicurezza approvato ieri alla camera. Il governo con la forte spinta della Lega Nord ha fatto approvare il decreto sicurezza; quale miglior modo per rispondere alla crisi e per mantenere alti i sondaggi della lega che quello di rendere illegale l’ esistenza stessa di persone già sfruttate per renderle ancora più ricattabili di fronte a qualsiasi offerta di lavoro. Bisogna respingere in ogni scuola qualsiasi tipo di discriminazione o segnalazione, per non cadere nell’ incubo securitario in cui i poveri si fanno la guerra tra loro, mentre i ricchi raccolgono i frutti del nostro lavoro e del nostro sapere.
Scuola, niente soldi per i corsi di recupero

la Gazzetta di Mantova — 09 maggio 2009 pagina 19 sezione: CRONACA
Niente soldi dal ministero della pubblica istruzione per i corsi di
recupero estivi, quelli che dovranno essere frequentati dagli studenti che
si ritroveranno dopo gli scrutini di giugno con una o più insufficienze. E
così, come accade in molte altre attività didattiche, le scuole superiori
si devono arrangiare organizzando il tutto al risparmio. C’è chi prevede
di ridurre al minimo le ore dei corsi, chi pensa di aggregare più classi e
chi attingerà dai fondi riservati ai progetti extracurricolari. Già,
perché organizzare dei corsi per aiutare i ragazzi che tra la fine
d’agosto e gli inizi di settembre dovranno affrontare l’esame di
riparazione costa parecchio. Si calcola che lo scorso anno la spesa media
per scuola sia stata sui 30mila euro. «Dei 55 milioni promessi in gennaio
dal ministero per organizzare i corsi non s’è visto nulla – spiega
Ernesto Flisi, presidente dell’Aisam, l’associazione delle scuole
mantovane – magari arriveranno tra qualche giorno o alla fine del mese, ma
nel frattempo le scuole devono organizzarsi. Io sono stato fortunato: qui
al Mantegna utilizzeremo i soldi risparmiati dalla dirigente che mi ha
preceduto. Ce la possiamo fare anche senza soldi ministeriali». E proprio
l’ex preside del Mantegna, Mariarosa Cremonesi, si trova a dover gestire
i corsi di recupero negli istituti che dirige oggi, Geometri e Magistrali,
al risparmio. «Recupereremo le frazioni d’orario degli insegnanti (la
differenza tra la durata della lezione, che è di 50 minuti, e l’ora di
lavoro pagata, ndr) – dice la preside – ma non sarà sufficiente. Stiamo
perciò pensando di organizzare i corsi di recupero soltanto per le materie
critiche, quelle a maggior rischio di insuccesso scolastico». Ma verranno
anche ridotte le ore complessive dedicate ai corsi di recupero, che in
tutte le scuole si svolgeranno tra la fine di giugno e primi giorni di
luglio. «Non credo che avremo le risorse per fare 15 ore», dice la
Cremonesi. Ma un po’ tutte le scuole devono trovare loro malgrado degli
espedienti per non sforare i limitati budget a disposizione per i corsi.
Magari i soldi promessi dal ministro Gelmini arriveranno. «E magari no –
dice ad esempio il preside dell’Istituto d’arte di Mantova e
Guidizzolo, Antonio Piazza – quindi dobbiamo organizzare il tutto senza
nessuna certezza finanziaria». Anche all’Arte dirigente e personale
amministrativo hanno fatto i salti mortali per recuperare fondi nei magri
bilanci scolastici. «Abbiamo dovuto attingere dal cosiddetto fondo
d’istituto, vale a dire quei soldi che normalmente vengono utilizzati per
progetti didattici extracurricolari – dice il preside – abbiamo ad esempio
ridimensionato i corsi sui beni culturali con docenti esterni. Ed in ogni
caso dovremo limitare i corsi alle materie o gruppi di materie critiche».
Le materie a cui le scuole dovranno dedicare i corsi di recupero sono
matematica, italiano e lingua straniera oltre a numerose materie
d’indirizzo. E le altre? I ragazzi dovranno arrangiarsi con i propri
mezzi
Scuola, maturità fantasma per i clandestini

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la Gazzetta di Mantova — 10 maggio 2009 pagina 09 sezione: CRONACA
Esame di maturità a rischio per gli stranieri clandestini. Si sono fatti
cinque anni di studio come i loro compagni di classe con la carta
d’identità italiana e si sono guadagnati sui libri il diritto di
affrontare la prova finale per il diploma. Ma per i giovani stranieri che
vivono con le famiglie in clandestinità l’esame è virtualmente
proibito. Anzi, rischiano di dover lasciare la scuola qualche mese prima.
Perché gli istituti sono tenuti a chiedere agli studenti stranieri, quando
arrivano al diciottesimo anno d’età, una copia del permesso di
soggiorno. Che non tutti hanno. Anche se la figura del’preside spione’
che deve denunciare il bimbo di scuola elementare se clandestino è sparita
dal decreto sicurezza, il rapporto tra scuola pubblica e stranieri
irregolari continua a presentare molti aspetti ambigui. Che vengono risolti
all’italiana: facendo finta di non sapere oppure cercando cavilli
regolamentari e burocratici per evitare di denunciare ragazzi che studiano
e che non hanno fatto nessun atto delinquenziale. Il loro grosso problema
è di avere un genitore che ha perso il lavoro (o l’ha trovato in nero)
e, con esso, il diritto di risiedere in Italia. «Al nostro sportello –
spiega Antonella Castagna responsabile della Cgil immigrati – vengono
diversi ragazzi disperati perché temono di non potersi presentare
all’esame di maturità o di non vedersi riconosciuto il diploma perché
non in regola col permesso di soggiorno». La Castagna non sa come sono
andate a finire quelle storie. Una volta che i ragazzi escono da
quell’ufficio, raramente si fanno rivedere. Difficile dire quanti degli
oltre seicento ragazzi stranieri che frequentano le superiori di città
sono irregolari. Chi ha questo problema, in genere, molla gli studi prima.
Perché a scuola si viene in ogni caso registrati. Chiedono nome, cognome,
data di nascita e altre informazioni che vengono poi inviate al ministero.
Chiedono pure, agli stranieri, il certificato delle vaccinazioni e chi non
lo ha, viene mandato all’Asl a farlo. Insomma, troppe tracce per chi
vuole passare inosservato. Eppure ci sono famiglie che pur di far studiare
i figli sono disposte a correre il rischio di essere scoperte e rispedite
fuori confine. Presidi e professori non parlano volentieri della questione.
«Perché questi ragazzi per noi non sono stranieri o clandestini, sono
studenti che abbiamo educato e formato – racconta un preside – e va contro
la nostra mission impedire loro di concludere il ciclo di studi con il
diploma. Il nostro mestiere non è quello del poliziotto». Anche se
nessuno lo dice ufficialmente pare di capire che quel permesso di soggiorno
che gli istituti dovrebbero chiedere agli studenti stranieri maggiorenni,
il più delle volte finisce nel dimenticatoio. Si narra di presidi che sono
riusciti a far ottenere un visto turistico a maturandi clandestini. Nel
mondo della scuola si sta diffondendo la sensazione che in futuro sarà
meno facile evitare di indossare i panni della ‘spia’. «Se passa il
concetto che essere clandestino è un reato – dice un dirigente – la
mancata segnalazione verrebbe considerata complicità. E’ un paradosso».

di Spazio sociale La Boje