Il white Christmas è il razzismo da bar salito al potere
La Lega s’inventa un nemico simbolico che non c’è. L’immigrato, il clandestino,
il criminale. Il suo unico scopo è ottenere consenso. Nulla a che fare con la
sicurezza o con i posti di lavoro “rubati” agli italiani
Cadono gli alibi. I sindaci leghisti si tengono alla larga del politically
correct . Poche metafore, ne basta solo qualcuna spiccia, a sfondo igienista:
«qui vogliamo far pulizia». L’esercito di amministratori leghisti non ama giri
di parole. Non gli serve sollevare pretesti di ordine pubblico. Del resto, anche
Claretti, il sindaco di Coccaglio, lo ha ammesso, con una punta d’orgoglio. «Da noi non c’è criminalità».
E allora – ci si chiede – che bisogno c’è di mandare i vigili a casa di quattrocento migranti residenti
in paese per cacciare chi non è in regola col permesso di soggiorno? «Vogliamo soltanto iniziare a fare pulizia».
Appunto.
L’operazione soprannominata White Christmas è un mix terrificante di sentimentalismo natalizio e odio per gli immigrati. Evoca quadretti familiari rassicuranti, decoro urbano, moralismi provinciali, vite filistee, ma anche riferimenti inquietanti al linguaggio protonazista. Il bianco Natal ammicca a un’ecologia disumana che vuole «fare pulizia» e bonificare le “nostre” città da immigrati e pattume simil-umano. Quasi una citazione involontaria di quel linguaggio pseudo-medico di cui facevano largo uso i nazisti, a quella loro fobia igienista che trapelava dal definire gli ebrei un’infezione, un pus. Il Natale leghista a misura di bianchi è pressoché un caso da manuale, riproduzione meticolosa di quel meccanismo sociale e culturale che riduce l’immigrato a «non-persona». Tema al quale, qualche anno fa, Alessandro Dal Lago aveva dedicato un saggio, Non-persone. L’esclusione dei migranti in una società globale (edito da Feltrinelli). Sarà anche la traccia del suo intervento oggi, giornata d’inaugurazione, al Festival di antropologia a Ivrea (ore 18, centro culturale La Serra).
Esistono meccanismi più o meno consapevoli, ricorrenti nel linguaggio quotidiano, che riducono un gruppo sociale, un insieme di individui a non-persone. Se guardiamo al fenomeno Lega c’è da dire che questi meccanismi funzionino a meraviglia. O no?
L’idea di “persona” è una convenzione, una costruzione sociale e culturale. Allo stesso modo, anche le non-persone non esistono in natura ma sono costruite socialmente e identificate come individui privi di diritti all’origine di tutti i mali.
Ormai questi meccanismi non hanno più bisogno di coperture. I sindaci leghisti – il caso di Coccaglio lo dimostra – non devono più ricorrere all’alibi della sicurezza. Il linguaggio si fa crudo. Perché? Non sarà che proprio per questo la Lega ottiene consenso negli strati popolari?
E’ la figura del clandestino che da mera persona “fuori posto” diventa una condizione giuridica e amministrativa. Che sia un reato, questo non è dato ancora capirlo. L’orrido pacchetto sicurezza non è chiaro. Più che un reato l'”immigrazione clandestina” sembra un’infrazione amministrativa, pesantemente sanzionata. Se la prima volta porta solo all’espulsione vuol dire che non è un reato.
Non siamo nel penale…
Siamo tra il penale e l’amministrativo. Diciamo che il “pensiero” leghista ha creato la clandestinità come condizione sostanziale. Mi spiego: nella subcultura leghista clandestino è diventato sinonimo di possibile criminale. Un “fuoriposto sostanziale”. Il razzismo della Lega però ha anche coordinate differenti dal razzismo classico. Mentre la dottrina tradizionale della razza colpiva ebrei e africani sulla base di una mitologia somatica, qui, nel caso della Lega, la mitologia non è somatica. Abbiamo a che fare con una mitologia “amministrativa”. Che non è meno raccapricciante sotto certi aspetti. Chi non è in regola col permesso di soggiorno oppure chi l’ha perduto o è semplicemente impigliato nei ritardi della burocrazia diventa per la cultura leghista automaticamente un clandestino, un soggetto criminale, portatore di chissà quali mali.
Varrebbe la pena fermarsi all’uso delle parole. “Bianco Natale”, per esempio, evoca un mix di buoni sentimenti e pulizie etniche. O no?
E’ un orribile gioco di parole tra bianco Natale e Natale dei bianchi . Lo trovo schifoso. Il problema è che sono legittimati dal silenzio-assenso della maggioranza di governo – con l’eccezione della pattuglia finiana che sta tentando la strada di una coalizione di centro. Fanno provocazioni xenofobe sempre più gravi e sempre più grosse e nessuno fa una piega.
La classe politica al governo manca di anticorpi, non ha una cultura democratica. E la sinistra progressista?
Mah, dichiarazioni di principio tante, tutte condivisibili, però alla prova dei fatti Chiamparino, il sindaco di torino, vuole sgomberare il centro sociale Askatasuna. Spiace dirlo, perché alla fine in questa situazione bisognerebbe mettersi con quelli meno peggio. C’è in giro un’idea di ordine. Per quelli della Lega chi non appartiene al territorio non esiste.
Più sono diretti quelli della Lega, più dicono chiaramente che vogliono togliersi dalle scatole gli immigrati, più guadagnano consenso. E’ il segno che oggi il razzismo è popolare e di massa?
Non credo. Il razzismo si produce, non è un dato di partenza. Anzi, comincio ad avere una vaga impressione. Potrò sbagliarmi ma credo che il moderatismo inizi ad averne piene le scatole della Lega. La vede come una forza politica imbarazzante, impresentabile all’estero, sempre lì ad avanzare continue richieste. Potrebbe profilarsi un’operazione politica che metta assieme Fini, Casini e Rutelli. Si arriverebbe a uno scenario alla francese: la destra moderna alla Sarkozy contro quella impresentabile alla Le Pen. La Lega è l’unica forza xenofoba a livello europeo così radicata nel potere governativo da quindici anni.
Appunto. Proprio perché l’establishment benpensante, quello dei poteri forti, potrebbe mettersi contro, la Lega potrebbe legittimarsi col suo razzismo diretto come forza popolare. O no?
Secondo me non esiste un razzismo delle classi popolari. Si identificano col razzismo quando non hanno altri modelli in cui identificarsi. Certo che la Lega ha un consenso popolare, ma non vuol dire che il popolo sia razzista. Lo stesso valeva per il fascismo e il nazismo. Sono aspetti della cultua europea imbarazzanti che teniamo ai margini ma ogni tanto ritornano. Il razzismo è una costruzione di piccole minoranze, ma una volta costruito può funzionare per tanta gente. Per la precisione non lo chiamerei “razzismo”, perché in questo caso le razze c’entrano poco. Pensiamo ai rumeni che hanno religione e lingua simile. Sono nostri cugini eppure inquietano di più dei marocchini.
Se non è razzismo come lo chiamiamo? Che cosa lo giustifica visto che in zone come il Bresciano c’è piena occupazione e problemi di sicurezza non esistono?
La chiamerei xenofobia goliardica. Mi fa orrore lo stesso. Il problema della Lega – l’ho scritto in un breve saggio per Micromega – non ha niente a che fare con la sicurezza. E’ l’invenzione parossistica dell’uomo nero al fine del consenso. Non è una questione di mercato del lavoro come qualche sociologo dice. Sbagliano clamorosamente. La Lega si produce il nemico come meccanismo essenziale per avere consenso. Non c’è altro. Non esistono problemi di sicurezza, i reati sono minimi. Inventano un nemico simbolico che non esiste perché si crei panico negli elettori. Naturalmente il linguaggio è spaventoso. White Christmas – per tornare lì – allude alla goliardia del bar e, al tempo stesso, alla parrocchietta, al paesino. E poi c’è questa idea della pulizia, che richiama l’immagine della casina pulita alla quale il probo lavoratore autonomo torna la sera e trova un piatto di brasato. E’ la ripetizione ossessiva di uno stile di vita. A livello di consenso funziona. La gente vota Lega. Però le tasse gliele devono ancora abbassare.