E’ il 12 dicembre 1969 quando una bomba per mano fascista esplode nella banca nazionale dell’agricoltura in Piazza Fontana a Milano causando 17 morti. Una strage impunita, una strategia della tensione messa in atto dall’estrema destra con l’aiuto dei servizi segreti che causò l’arresto di 84 persone innocenti solo a Milano e della morte di Giuseppe Pinelli, ucciso defenestrato dalla questura di Milano il 16 dicembre.
Ii colpevoli verranno prosciolti dalle accuse di omicidio volontario e colposo nel 1975.
Una strage di Stato in cui a distanza di anni ancora si cerca di calare il silenzio sui veri mandanti.
Nel 2004 i tre nazifascisti condannati all’ergastolo per la strage sono stati assolti.
Ma questo non basta evidentemente perché nel 2006 il comune di Milano decide di assolvere unilateralmente la questura di Milano,sostituendo nottetempo la targa in memoria di Pinelli, l’anarchico non sarebbe più stato “Ucciso” ma sarebbe “morto innocente”, una disgrazia e non più una responsabilità precisa di chi lo aveva in custodia.
Riaprire le indagini su Piazza Fontana è un dovere per le vittime ancora senza giustizia, per quanti ancora dopo 40 anni chiedono ancora un’unica cosa.
Verità su Piazza Fontana.
Appello a tutte le realtà antifasciste:
L’evidente impossibilità di uscire rapidamente dalla crisi economica e la volontà politica di non dare risposte alle emergenze sociali sempre più diffuse e stringenti, porta i padroni di oggi a rendere sfacciata la brutalità repressiva dello Stato; si assiste, infatti, ad un proliferare di teorie repressive (tolleranza zero, “broken windows”, le nuove regolamentazioni sui CIE) che l’altalena di Governi si preoccupa di codificare senza il benché minimo pudore.
In una fase di crisi come questa, dunque, l’esigenza di costruire paradigmi ossessivi di controllo diviene un elemento sempre più improrogabile e indispensabile per chi vuole imbavagliare le lotte sociali, per chi immagina una nuova ossatura repressiva dello Stato.
In questo quadro vanno ascritte le approvazioni di leggi schiettamente reazionarie, studiate con l’intento di ridefinire unilateralmente i rapporti sociali. Il pacchetto sicurezza, congiuntamente ad una vera e propria strategia della paura, costituisce uno dei principali capisaldi del nuovo disegno di Stato.
Sarebbe impossibile elencare tutti gli avvenimenti che negli ultimi tempi hanno testimoniato la nuova deriva fascista che sta assumendo l’apparato di Stato.
Possiamo però individuare delle tendenze di carattere generale, che partono dal controllo e dal ricatto sui posti di lavoro per arrivare alle accuse per reati associativi.
A questo si somma una politica volta a restringere gli spazi di agibilità politica di chi giorno dopo giorno si spende nelle lotte sociali. Ne è prova anche la tattica di sgomberi dei posti occupati che ha preso piede in numerose città italiane (in primis Catania, Roma e Torino). Un vero e proprio piano di repressione del dissenso, che trova il suo apice nella formulazione di fantasiosi teoremi eversivi che hanno condotto alla criminalizzazione di numerosi compagni: toscani e veronesi, studenti milanesi, compagni romani, catanesi, parmensi fino alle pesantissime condanne comminiate per il G8 di Genova nel 2001. Si percepisce nitidamente, dunque, la necessità di una riflessione che consenta di far emergere dalle diverse territorialità un’unica voce d’indignazione; crediamo sia necessario confrontare le diverse esperienze per produrre un’analisi comune che denunci e smascheri una piattaforma repressiva che da tempo ormai si è svezzata in ogni regione d’Italia.
Terminale ultimo di questa manovra è il foraggiamento (politico ed economico) di gruppi e gruppuscoli di neofascisti, gettati nelle nostre strade, nei nostri quartieri, nelle nostre facoltà e nei luoghi di lavoro (ne è testimone il recente atto squadrista subito dagli operai dell’Eutelia di Roma, attaccati da fascisti pagati da Samuele Landi, figlio del padrone, durante l’occupazione della loro fabbrica) con il compito di sempre: ostacolare lo sviluppo di prospettive antisistemiche e prestare il braccio armato al padronato di turno. Oggi come ieri, negli anni dello stragismo, i fascisti cercano di saldare l’azione squadrista con le necessità di uno Stato pronto a declinare nuovi paradigmi securitari; la dose di “populismo ribellistico” a malapena camuffa la strategia reazionaria a cui i nuovi infami in camicia nera si sono asserviti: è sotto gli occhi di tutti il loro agire, l’Italia intera li vede schierati in difesa dei poteri forti e dei grandi interessi economici.
La reattività dimostrata dai compagni di tutta Italia in seguito a questa nuova offensiva è determinante per capire quanto attuale sia la piaga neofascista e quanto sia urgente elaborare un piano basato su un’analisi collettiva e su risposte dislocate nei singoli territori.
Crediamo perciò necessario provare a costruire questa riflessione, al fine di rilanciare nelle varie città la data del 12 dicembre. Una data che non ci sentiamo solo di commemorare, ma anche di inquadrare sotto una nuova luce; un lungo lavoro contro-informativo che da quarant’anni evidenzia un filo ininterrotto tra le Autorità di oggi e le strategie di repressione messe a punto nelle passate stagioni di lotta. Rielaborare questo disegno significa, oggi, rispondere alla necessità di dare un segnale forte in difesa delle nostre lotte, contro il fascismo, il razzismo e le loro derive più immediate (sessismo, omofobia…)
Pensiamo, infine, che questa data possa essere utile anche per dare respiro a riflessioni più ampie che partendo dalle strategie della tensione, passando per l’omicidio di Pinelli, arrivino fino alla vicenda di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi e ai fatti del San Paolo di Milano. Una riflessione, in breve, sulla repressione, sull’antifascismo e sulla capacità dello Stato di assolvere se stesso.
Lanciamo un appello a tutte le realtà politiche affinché si comincino a elaborare delle parole d’ordine condivise, semplici, immediate, ma in grado di ripristinare un senso comune e di dare una risposta unitaria all’attacco contro i movimenti.
Le riforme dell’istruzione e del mercato del lavoro, le leggi anti-immigrazione e la distruzione dello stato sociale sono il piano generale su cui si muove l’attacco. E’ necessario rispondere uniti contro chi sfrutta ed opprime!
Fermiamo l’ondata repressiva e securitaria. Blocchiamo l’insediamento dei neofascisti nelle nostre città. Lo Stato li assolve, i padroni li sostengono. Oggi più che mai l’antifascismo non può essere delegato!
Gli spazi occupati, gli spazi restituiti alla popolazione nelle città , nei quartieri, nelle università sono il primo obiettivo: sgomberi, intimidazioni e minacce sono all’ordine del giorno. Noi rispondiamo: gli spazi occupati non si toccano, la Resistenza continua!
Contro l’impunità dello Stato e dei suoi agenti. Da Pinelli a Carlo, da Federico Aldovrandi a Stefano Cucchi: gli omicidi di Stato non fermano le nostre lotte e alimentano solo la nostra rabbia!