Sabato 13 marzo dalle 18.15
presso la libreria galleria Einaudi in Corso Vittorio Emanuele, 19 - Mantova
Mappa Spazio Sociale La Boje! e Libreria Galleria Einaudi
WU MING presenta ALTAI
a cura del collettivo La Boje!
Al termine dell'evento ci sarà un aperibuffet a sottoscrizione
presso lo Spazio Sociale "La Boje!" in Via Frutta,3
(a 100mt. dalla
libreria)
[all'interno dello spazio si può ancora visitare la mostra "contropiede!"
di Abel Zeltmann]
Altai: la trama.
[ Venezia, Anno Domini 1569. Un boato scuote la notte, il cielo è rosso e
grava sulla laguna: è l'Arsenale che va a fuoco, si apre la caccia al
colpevole. Un agente della Serenissima fugge verso oriente, smarrito,
"l'anima rigirata come un paio di brache". Costantinopoli sarà l'approdo.
Sulla vetta della potenza ottomana conoscerà Giuseppe Nasi, nemico e
spauracchio d'Europa, potente giudeo che dal Bosforo lancia una sfida al
mondo e a due millenni di oppressione. Intanto, ai confini dell'impero, un
altro uomo si mette in viaggio, per l'ultimo appuntamento con la storia.
Porta al collo una moneta, ricordo del Regno dei Folli. Echi di rivolte,
intrighi, scontri di civiltà. Nuove macchine scatenano forze inattese,
incalzano il tempo e lo fanno sbandare. Nicosia, Famagosta, Lepanto: uomini
e navi corrono verso lo scontro finale. "Che segno è quando un arcobaleno
appare, non c'è stata pioggia e l'aria è secca e tersa? È quando la terra
sta per tremare, e il mondo intero vacilla". Quindici anni dopo, l'epilogo
di Q. Wu Ming, il collettivo di scrittori che al suo esordio si firmò
Luther Blissett, torna nel mondo del suo primo romanzo. ]
Sarà senz’altro una splendida esperienza: gli Wu Ming non si limitano a presentare il loro ultimo lavoro, ma argomentano su tutto, con una straordinaria generosità nel cercare il rapporto con i presenti… un incontro da non perdere. Grazie per averlo organizzato!
da Pisanotizie.it
http://pisanotizie.it/index.php/news/rubrica_20100312_intervista_wu_ming_altai.html
12/03/10 10:24 | autore: danilo soscia
Wu Ming, ‘Altai’ e il senso della storia
L’intervista di Pisanotizie al collettivo autore di ‘Altai’ (Einaudi)
La loro ultima apparizione a Pisa, presso il Progetto Rebeldia, ha riscosso una grandissima presenza e un’attiva partecipazione di pubblico cui è raro assistere durante la presentazione di un testo. I Wu Ming sono tornati alla ribalta delle cronache letterarie, e non solo, con ‘Altai’ (Einaudi), romanzo ambientato tra Venezia e Costantinopoli, nel periodo che precede la battaglia di Lepanto. Storia condotta con il consueto rigore, ‘Altai’ si apre con l’esplosione dell’Arsenale di Venezia per giungere fino all’invasione di Famagosta. Tuttavia, le coordinate storiografiche non sono sufficienti a ridare la complessità, e insieme la dimensione ‘epica’, dell’ultima fatica del collettivo Wu Ming. Pisanotizie ha rivolto a ques’ultimo alcune domande sui contenuti, e non solo, di ‘Altai’.
Un antico pregiudizio gentiliano impone che la Storia non si faccia con i “se”. Al contrario, sottoporre alla ‘violenza’ delle ipotesi, addirittura delle invenzioni, la storiografia ufficiale è utile a coglierne lo spettro, le potenzialità di senso inespresse. Vi sono passaggi epocali della nostra storia passata che, proprio in quanto tali, si prestano più del presente stesso a diventare ‘scenario’ di tensioni e mutazioni che appartengono alla contemporaneità di chi scrive. Quello praticato nel trittico ‘Q’, ‘Manituana’ e ‘Altai’ è un procedimento antico come la letteratura, oppure un nuovo strumento ‘allegorico’ che spariglia una consolidata tradizione?
Nella breve ma intensa disputa filosofica tra Giovanni Gentile e il duo Fanciullacci/Ignesti, noi stiamo chiaramente dalla parte dei secondi, senza tentennamenti. Alla fine il cosiddetto “atto puro”, a furia di evocarlo, viene a morderti le chiappe. Tu, filosofo idealista, ti credi protetto nel tuo guscio, ma appena abbassi il finestrino ti investono le raffiche della realtà.
Che la storia “non si faccia con i se” è una vecchia fregnaccia, uno dei più logori luoghi comuni. Il passato non è una costellazione fissa e immota, perché non è fatto solo di “nudi fatti”. I fatti non sono mai nudi, sono sempre vestiti di interpretazioni. Il passato è un teatro di guerra, un luogo di conflitto durissimo: il conflitto per l’egemonia sulla memoria pubblica. Il passato è la sintesi di fatti e sguardo. Cambia a seconda delle sollecitazioni del presente. Quello che facciamo noi si inscrive in una tradizione, quella del romanzo storico (un genere che ha sempre usato il passato per leggere il presente), ma vuole anche innovare e rinnovare quella tradizione. Oggi il romanzo storico sta vivendo una trasformazione che è tanto più radicale quanto più è discreta e sottile. La diffusione della rete, la velocità degli scambi e delle comunicazioni, la sovrabbondanza di fonti, la maggiore accessibilità di fonti e archivi, la possibilità di incrociare più dati e in minor tempo, di spostarsi ipertestualmente da una controversia all’altra, da un’interpretazione all’altra… Tutto questo trasforma il mestiere del romanziere storico, che può addentrarsi più a fondo nella storia, infilarsi nelle intercapedini delle interpretazioni, rinvenire più “coni d’ombra”. Dai romanzi a semplice ambientazione storica, si sta passando a quelli che noi chiamiamo romanzi di trasformazione storica.
Quanta parte dell’identità dei personaggi di ‘Altai’ è un riflesso del Potere al quale essi si riferiscono? E quanta invece riguarda la loro irriducibilità, il loro essere unici, ‘senza nome’ appunto?
In tutti noi convivono entrambi gli aspetti. Una parte del nostro essere è affascinata dal potere come mezzo utile per realizzare il bene; una parte invece lo respinge proprio perché scettica sul fatto che il bene possa essere prodotto da uno strumento di dominio. Molto spesso nella storia – ed è così anche in Altai – l’irriducibilità tra i due approcci consiste in un’indefinita catasta di morti, ovvero nell’essere o non essere disposti ad accettarla.
Prendendo a riferimento i tre personaggi maschili principali si può collocare Yossef sul versante di chi utilizza il potere come mezzo di realizzazione delle proprie aspirazioni; Ismail sul versante opposto, quello di chi ha capito che non esiste discrimine tra mezzi e finalità; infine Manuel resta nel mezzo, combattuto tra le due visioni politiche, prima seguendo con convinzione Yossef, poi maturando un’atteggiamento critico, che però piuttosto che sfociare in un tardivo cambio di rotta, si concretizza nell’assunzione di responsabilità e nell’espiazione personale.
I personaggi femminili sono organici al gioco di potere maschile, ma al tempo stesso – proprio grazie a questa prossimità – possono anche sabotarlo, ovvero diventare ago della bilancia. Comunque le donne sembrano intersecare il sistema di dominazione maschile con una visione propria, non necessariamente migliore o peggiore, più o meno cinica, ma senz’altro irriducibile quanto ineludibile. Pena il fallimento delle stesse trame di potere.
Quanto ha a che vedere la creazione in letteratura di un ‘mondo’, governato da meccanismi e regole molto simili al mondo fisico di chi scrive ma in qualche modo cambiati di ‘segno’, con il processo utopico di trasformazione ‘dal basso’ del reale?
Le narrazioni sono un strumento cognitivo. Danno forma e significato alla realtà che ci circonda. Definiscono il ruolo che ci ritagliamo come “personaggi” del nostro mondo. Raccontare mondi possibili, svolte potenziali della Storia umana è dunque indispensabile per poter pensare alternative al presente e individuare svolte, occasioni, pertugi di futuro.
La decostruzione dell’ ‘io politico’, così come accade per Cardoso e in parte per Nasi, salverà il mondo? Oppure è solo il primo di molteplici passaggi volti a rifondare il senso stesso della convivenza tra gli uomini?
Viviamo un’epoca in cui il territorio dell’azione politica è divenuto il campo della nuda vita stessa. Lo chiarisce bene Agamben in “Homo Sacer”: non è solo il bios, la vita in qualche modo qualificata, ma la stessa zoe, la vita in sè stessa, la vita come processo biologico a costituire il centro della rete di rapporti e della catena di cause-effetti che chiamiamo “poltica”. La politica non riguarda cioè più soltanto l’Io, ma anche l’Es, per esprimerci in termini freudiani, e il Super Io, il corpo, il cibo nelle viscere e l’aria nei polmoni, il sangue, le ossa, i tendini, il modo di muoversi, di articolare la voce, i blocchi psicofisici che attraversano l’inviduo, eccetera eccetera. La decostruzione dell’io politico ottiene un individuo semplicemente incosciente delle partite che si giocano nel e attraverso il suo corpo. Non la auspichiamo e non vediamo in una tale decostruzione nessun valore palingenetico o spirituale. Non ci pare del resto che la traiettoria di Cardoso e nemmeno quella di Nasi possa essere letta in questi termini. Cardoso scopre che può essere se stesso senza compiacere un padre (un Significante-Padrone) e questa presa di coscienza ha un valore politico in sè. Nasi, semplicemente, fallisce.