Si è cominciato a parlare di 1° marzo e di sciopero dei migranti grazie al coraggio delle donne che hanno lanciato la campagna su Facebook. Poi hanno cominciato a parlarne anche i migranti e le migranti nei posti di lavoro, nelle RSU, nei coordinamenti e nei luoghi di aggregazione. Allora molti si sono affrettati a dare lezioni e a cercare di correggere il tiro. Uno sciopero sarebbe destinato a fallire, si è detto. Sarebbe uno sciopero etnico che dividerà i lavoratori, si è accusato. Andando verso il 1° marzo però, la parola sciopero ha unificato non solo un grande movimento di solidarietà verso i migranti, ma anche i lavoratori, e non solo quelli migranti.
Già la manifestazione dalla partecipazione straordinaria di Brescia del 6 febbraio scorso , in cui sfilarono per le strade della città lombarda oltre 20.000 manifestanti in grandissima parte migranti, aveva dato un assaggio di quello che poteva succedere il primo marzo in tutta la penisola. Un corteo che dalla testa alla coda aveva fatto riecheggiare la parola “sciopero”. Una reazione a catena che ha convinto Sdl a indire uno sciopero generale di 8 ore e quasi 50 aziende della meccanica, dei servizi e del commercio ad aderire allo sciopero con l’astensione dal lavoro.
Un percorso tutto in salita che era stato lanciato da alcune realtà di coordinamenti migranti del nord Italia in occasione del primo marzo: Milano, Bologna,Brescia, Vicenza, Basso Mantovano, Padova a insistere con l’appello “cocciutamente sciopero” con cui si chiedeva non solo mobilitazione, ma anche astensione dal lavoro, perché tutte le leggi che riguardano l’immigrazione sono leggi che colpiscono una parte di lavoratori. Molte altre realtà hanno aderito allo sciopero, tanto che numerose aziende sono state fermate a Parma, Reggio Emilia, Bologna, nel Basso Mantovano e nella riviera ligure e in tante altre provincie si sono segnalate astenzioni dal lavoro specie in toscana dove i cobas hanno indetto sciopero generale.
A Suzzara il coordinamento migranti ha indetto una manifestazione per il pomeriggio a partire dalle 17. Un occasione per esprimere una piazza dal forte significato politico, che potesse raccogliere cassaintegrati, disoccupati e precari oltre ai migranti ovviamente per dire No al razzismo e lanciare un forte messaggio di solidarietà tra lavoratori contro la guerra tra poveri alimentata da Lega e Governo. Un paziente lavoro di costruzione della giornata che ha visto gli attivisti del coordinamento migranti e diversi militanti dello spazio sociale la Boje e di Sinistra Critica diffondere volantini davanti a fabbriche, scuole e mercati. Già a Tiberina e Macofer i migranti avevano ottenuto l’ultima ora di sciopero con assemblea prima di raggiungere gli altri migranti in piazza.
Fin dal mattino in alcune scuole di Mantova alcune azioni del collettivo studentesco con striscionate avevano fatto da lancio alla giornata.
Nel pomeriggio in piazza Garibaldi a Suzzara diverse centinaia di manifestanti hanno riempito la piazza molti interventi al microfono aperto hanno raccontato e denunciato le situazioni di razzismo quotidiano che molti migranti vivono sulla propria pelle. Per Imdadul “E’ ora che governo e stampa la smettano col dare la colpa agli immigrati di tutti i disagi sociali che la crisi comporta”, Azid punta il dito contro il permesso di soggiorno a punti “ci vogliono semplicemente cacciare via”, Aezzedin racconta dell’infortunio subito e del mancato diritto di riscossione dell’indennità assicurativa perché legata al permesso di soggiorno, che non è riuscito a ottenere per un reddito troppo basso, Thierno, a fine giornata, coperto dagli applausi, grida al microfono “noi la crisi non la paghiamo!Noi la crisi non la paghiamo!”.
Numerose anche le delegazioni di r.s.u. arrivate con lo striscione a esprimere solidarietà e a partecipare alla giornata. Zanotti, Marcegaglia, Uniblock, Bondioli e Pavesi, oltre al segretario della Fiom Pagano. Un delegato della Bondioli al microfono dice a chiare lettere “siamo qui oggi perché molti nostri colleghi sono migranti. I loro problemi sono anche i nostri”. Alla Iveco, in alcuni reparti molti operai hanno lavorato con la striscia gialla al braccio.
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