In meno di un mese la campagna per il Referendum sull’acqua pubblica ha raggiunto il suo obiettivo. C’è tutto il tempo per raccogliere un milione di firme e dare una chance al “bene comune”
Sono più di 500 mila. Per l’esattezza, 516.615 firme raccolte in 25 giorni di banchetti e iniziative in tutta Italia. E’ questo il bilancio della campagna referendaria per l’acqua pubblica, cominciata meno di un mese fa e sospinta da un cartello di associazioni “anonime” ma molto radicate e combattive che prima con il Forum dei movimenti per l’acqua pubblica e poi tramite il Comitato promotore del Referendum per l’acqua pubblica sta realizzando un fatto politico e sociale di indubbia rilevanza.
“Il risultato è incredibile anche per noi” spiegano al comitato promotore anche perché è stato raggiunto “in poco più di tre settimane grazie all’impegno e all’entusiasmo di migliaia di cittadine e cittadini dell’acqua pubblica”.
In effetti, già due anni fa era stata avviata la campagna per una Legge di iniziativa popolare in calce alla quale erano state raccolte oltre 400 mila firme. Un successo che sorprese molti dei promotori ma che lasciò del tutto indifferente il Parlamento che non solo non ha discusso mai quella legge – e molte altre – ma addirittura ha legiferato in senso opposto con il provvedimento che porta la firma del ministro per l’Europa, Ronchi. Quello che spiega a destra e a manca come sia falsa la tesi di chi sostiene che la sua legge voglia privatizzare l’acqua pubblica. Peccato che invece multinazionali come Veolia o strutture finanziarie più “casarecce”, come quelle che fanno capo al romano Caltagirone, abbiano ben capito i contenuti del provvedimento e si siano messi in fila per rilevare le quote azionarie delle municipalizzate che la Legge Ronchi impone agli Enti locali di cedere.
E la legge è stata capita anche a livello popolare, se osserviamo il risultato finora ottenuto: file ovunque ai banchetti per firmare la proposta di Referendum. L’altro giorno, alla Marcia Perugia-Assisi, non si riusciva a stare dietro a tutte le richieste. A Bologna il 1 maggio lo stesso, dietro un tavolo con dieci persone sono state 2500 le persone che hanno firmato. E così nei paesini, nei quartieri delle grandi città, nelle aziende. A Roma, l’intero sesto municipio, a guida “democratica”, sta appoggiando il referendum mentre non si contano le parrocchie che chiedono i moduli che poi riportano puntualmente compilati ai comitati cittadini di riferimento. Chiunque faccia l’esperienza dei banchetti torna a casa rincuorato, convinto di aver incontrato un’Italia decisamente migliore di quella che calca le pagine dei giornali, tipo Scajola o Anemone.
E forse non è un caso se l’iniziativa non ha avuto finora alcuna copertura mediatica e probabilmente non ci sarà mai nessun Tg, nessun Minzolini che dedicherà a questo piccolo evento una riga o dieci secondi. E questo nonostante la proposta sia semplice e efficace come la sinistra oggi non sa più essere. E infatti il Pd è riuscito a fare un pasticcio anche su questo punto. Invece di cogliere la portata popolare e democratica della richiesta di non cedere l’acqua al profitto di pochi, ha deciso di non appoggiare il referendum e di cercare le firme su una propria iniziativa di legge che non modifica in nessun modo la situazione attuale (al massimo introduce forme più precise di Authority). Solo che mentre ha scelto questa modalità, si è trovato con il suo capogruppo alla Camera, e leader della minoranza interna, Franceschini, che ha deciso di firmare i referendum a sua volta dividendo la propria stessa area.
Confusione anche da parte dell’Idv, che prima ha sostenuto i movimenti e poi ha deciso di fare una campagna autonoma su un solo quesito (ne abbiamo già scritto le scorse settimane) facendo propri banchetti e propri gazebo. Dall’inizio della sua campagna, il 1 maggio, l’Idv non ha però comunicato nessun risultato raggiunto e il sospetto che i numeri non siano confortanti è lecito.
Nonostante le oltre 500 mila firma, la raccolta non si ferma ma, come spiega il Comitato promotore, “rilancia”. L’obiettivo di sicurezza, infatti, è a quota 700 mila – che verrà certamente raggiunto e superato. Per cui, da qui in avanti ci saranno ancora banchetti, feste, spettacoli “per coinvolgere sempre più italiani in questa civile lotta di democrazia per togliere le mani degli speculatori dall’acqua riconsegnandola ai cittadini e ai Comuni”. La possibilità di raggiungere la cifra simbolica dl milione di firme – che darebbe un segnale di riscossa inequivocabile – c’è tutta e probabilmente sarà questo l’orientamento del Comitato nazionale.
Intanto, nel fine settimana viene lanciato il “Giro d’Italia delle firme per l’acqua”; “quale località, Comune, comitato cittadino sarà la maglia rosa della raccolta di firme di questa settimana?”.
da ilmegafonoquotidiano.it