(documento di approfondimento per la manifestazione del comitato Mantova città Aperta)
L’introduzione del nuovo regolamento di polizia urbana è l’ultimo tassello di un mosaico incentrato sul tema della sicurezza.
Un campo in cui molte città , in particolare nel nord Italia, è stata sfornata una sequenza di provvedimenti volti a restringere le libertà individuali e collettive: grazie ad un meccanismo perverso di giustificazione legato alla costruzione artificiale di paure o fobie, sono stati fatti proliferare allucinanti e grotteschi elenchi di proibizioni e divieti. Questi meccanismi sono stati resi possibili anche grazie al contributo dei mass-media.
Vengono dunque installate centinaia di telecamere per scrutare ogni angolo di territorio, moltiplicati i di corpi di polizia e istituzionalizzate ronde cittadine in divisa; il tutto sostenuto da centinaia di migliaia di euro di soldi pubblici. Ma non basta: i sindaci della paura spingono la deriva securitaria fino alla proibizione o alla sanzione dei comportamenti più innocui di coloro che vogliono vivere le vie, le piazze e i parchi pubblici, ad esempio mangiando un panino, bevendo una birra, giocando o solo sedendosi su un gradino. Passando poi per i divieti di esporre bandiere e/o i panni stesi o quello di “fare odori con la cucina”. Tutto questo nel nome della sicurezza, di un concetto ambiguo di decoro urbano e della lotta al degrado.
Da almeno 10-15 anni diverse amministrazioni hanno ridisegnato Mantova non più come una città viva, aperta e libera ma come un grande centro commerciale all’aria aperta, una grande cartolina imbellettata dove tutto ciò che non riguarda shopping, vetrine, profitto, merci diventa un problema. Mentre respiriamo quotidianamente ‘odori’ tumorali e il territorio è continuamente preda di speculatori edilizi, abili operazioni di marketing politico trasformano in problema due skateboard e un pallone, una scolaresca che si mangia un panino al sacco, la socialità di giovani italiani e migranti. Purtroppo Mantova, tramite l’ex-sindaco Brioni, figurava già nel 2008 tra le città firmatarie della ‘Carta di Parma’ sulla sicurezza: seguendo questa deriva è chiaro che quest’ultimo regolamento andrà a ricadere in special modo, e ‘secondo discrezione’ su categorìe sociali ben definite e potrebbe rivelarsi risolutore dei sentimenti di razzismo o intolleranza fomentati in papabili elettori.
Manifestiamo perché alla loro idea di città chiusa, tutta luminarie e vetrine con una socialità legata all’orario di apertura dei negozi opponiamo un’idea di città aperta, libera e solidale in cui la vitalità degli spazi è legata alla partecipazione dei cittadini e delle cittadine.
Manifestiamo sapendo che i problemi della città e le misure da adottare dovrebbero tutt’altre: case, reddito, diritti civili e sociali, bonifiche ambientali e beni pubblici utili a interessi collettivi e non a profitti privati. Ma d’altra parte a questi sindaci che da anni stanno privatizzando e appaltando tutto il patrimonio pubblico, dall’acqua al gas, dal trasporto all’edilizia popolare, non rimane che improvvisarsi poliziotti e investire in armi, telecamere e divieti e tutelare chi da anni si sta mangiando questa città.