Sabato 18 dicembre si è tenuta la manifestazione organizzata dal comitato ‘Mantova città aperta’ contro il nuovo regolamento di polizia urbana varato dalla giunta Sodano. Oltre cento persone si sono radunate in Piazza Mantegna per riappropriarsi della città per un pomeriggio e disobbedire collettivamente al grottesco elenco di divieti. Con la scusa di emanare un nuovo regolamento dove (ma era necessario?) si sanziona chi ‘sputa per terra’, viene montato un impianto normativo in cui i capisaldi sembrano copia-incollati dalle peggiori amministrazioni di centrodestra e centrosinistra (Vicenza, Firenze, Brescia, Milano, Bologna, Verona): sindaci che da anni stanno privatizzando e appaltando tutto il patrimonio pubblico, dall’acqua al gas, dal trasporto all’edilizia popolare, non rimane che improvvisarsi poliziotti e investire in armi, telecamere e divieti e tutelare chi da anni si sta mangiando questa città. Grazie ad un meccanismo perverso di giustificazione legato alla costruzione artificiale di paure o fobie, sono stati fatti proliferare allucinanti e grotteschi elenchi di proibizioni e divieti.
Da almeno 10-15 anni diverse amministrazioni hanno ridisegnato Mantova non più come una città viva, aperta e libera ma come un grande centro commerciale all’aria aperta, una grande cartolina imbellettata dove tutto ciò che non riguarda shopping, vetrine, profitto, merci diventa un problema. Mentre respiriamo quotidianamente ‘odori’ tumorali e il territorio è continuamente preda di speculatori edilizi, abili operazioni di marketing politico hanno trasformato in problema due skateboard e un pallone, una scolaresca che si mangia un panino al sacco, la socialità di giovani italiani e migranti. Purtroppo Mantova, tramite l’ex-sindaco Brioni, figurava già nel 2008 tra le città firmatarie della ‘Carta di Parma’ sulla sicurezza: seguendo questa lenta deriva è chiaro che quest’ultimo regolamento andrà a ricadere in special modo, e ‘secondo discrezione’ su categorie sociali ben definite e potrebbe rivelarsi risolutore dei sentimenti di razzismo o intolleranza fomentati in papabili elettori.
Per questo abbiamo manifestato, perché a chi vuole far diventare ‘deviante’ e ‘sanzionabile’ una serie di comportamenti assolutamente normali inventandosi problemi di degrado o lavorando su propri, discutibili, concetti di decoro dobbiamo rispondere mettendoci, per primi/e, di traverso. Abbiamo portato in piazza azioni di disobbedienza civile rispetto a questo nuovo regolamento: c’era musica, vin brulè, panini, cuscini per sedersi, panni e bandiere stesi; qualcuno ha il coraggio di denunciare tutto questo come ‘indecoroso’? Diamo un calcio a questi deliri securitari come al pallone che roteava in Piazza (altro comportamento ‘pericoloso’ e ‘sanzionabile’).
Il colpo d’occhio della piazza ci dava ragione poichè per un pomeriggio c’erano persone ferme a parlare, giocare, ballare, bere e mangiare: socializzavano e condividevano parole, musica, risate e pure il freddo nel via vai dello shopping in cui il tempo è scandito dalla fretta di passare da un negozio all’altro.
La città è nostra e vogliamo riprendercela: alla loro idea di città chiusa, tutta luminarie e vetrine con un concetto di ‘cittadinanza’ legato alla capacità di consumare e creare profitti, opponiamo un’idea di città aperta, libera e solidale in cui la vitalità degli spazi è legata alla partecipazione dei cittadini e delle cittadine.