“Cinque agenzie controllano da sole il 96% dei flussi mondiali di informazione”
La realtà che viviamo è semplice o complessa? Contrariamente a quanto ci viene quotidianamente proposto e suggerito la realtà del mondo è tutt’altro che sfaccettata e sfuggevole. La globalizzazione ha reso facilmente intelleggibile un mondo che, con l’occidentalizzazione pervicace del pianeta, si somiglia ormai ovunque.
Complessa è l’acquisizione e il giusto uso di quegli strumenti critici che servono per interpretare questa realtà. La chiave di volta di questo passaggio sta in un termine abusato, specie in questi tempi: “Controcultura”. Peggio ancora la sua declinazione “fare controcultura”, quasi fosse un esercizio di stile. L’unico ausiliare sostenibile è il verbo essere: bisogna “essere controcultura”. Che significa? Significa un lungo viaggio che parte dalla sensazione che il modello culturale oggi imposto attraverso le propaggini del sistema capitalistico non sia l’unico possibile.Un movimento “eretico”,ben conscio degli “etnicidi” compiuti dalla tragica epopea del Colonialismo fino alla patetica stagione che va sotto il nome di Post-colonialismo, che pure vede gli stessi oppressori di allora in cabina di regia.L’espansione orizzontale del web realizza il bisogno globalistico di transnazionalizzare merci-informazioni-stili di vita,omogeneizzare stilemi e percezioni sociali, ma al contempo lascia aperta la possibilità di accedere ad un numero di informazioni impressionante, non tutte,per ovvi motivi, allineate al pensiero dominante. Ma sono le classiche gocce di profumo in mare aperto.
Accedere alle informazioni senza avere gli strumenti critici non aiuta in quelle che dovrebbero essere le loro naturali conseguenze: poter ribaltare i tavoli delle menzogne,acquisire una coscienza importante dei propri diritti, avere una mentalità aperta e tollerante, unico vero pilastro del troppo spesso sbandierato rispetto delle diversità. Viviamo in un tempo in cui accedere alla verità è formalmente semplicissimo, basta un computer e una connessione internet. Eppure le informazioni da sole non bastano a scalfire la struttura opaca di una Società ormai quasi irrimediabilmente assoggettata alle logiche finanziarie, un mondo dominato dal Pensiero Unico e dalla cultura massificata. Anche perché, ed è un vero controsenso, parliamo di società massificata ma “incosciente”, composta da tante individualità che pur comportandosi nello stesso modo e accettando tutte un determinato stile di vita, si credono “diverse” tra loro, generando incomunicabilità e diffidenza. Differenze economiche, di lavoro, di gusti, di abbigliamento… in realtà tutto è facilmente etichettabile e ammaestrabile, persino il più riottoso degli atteggiamenti. Già, perché atteggiarsi a ribelle ed essere anticonformisti non basta più, è un solipsismo fine a se stesso che, anzichè generare conflittualità, da tempo viene inglobata e accettata dalla cultura di massa. Non sarà il ribellismo a svegliare le coscienze intorpidite, ma la conoscenza.
A questo serve una libreria controculturale. Un libro non è mai una sporadica ed episodica fonte di informazioni.Oltre ad essere uno stupefacente Oceano cognitivo è’ un potente grimaldello per scardinare e sviscerare le contraddizioni di un Sistema che da tempo ormai si basa solo sulla sonnolente condiscendenza dei suoi sudditi; perlopiù incapaci di organizzare un pensiero critico nei confronti di una società presentata come “unica possibile” o, come nel caso delle recenti guerre al terrorismo in Afghanistan e Iraq, “la migliore”, quella democratica e liberale. A creare questa sonnolenza ha contribuito anche l’avvento della politica post-ideologica , dal 1989 ad oggi. Un’informazione letta sul web rimane una piacevole esperienza, un libro intero su un determinato argomento è sempre una “potente narrazione”, che rinvigorisce e aiuta i lettori a riconoscersi. Se Marx fosse vissuto oggi e si fosse limitato a tenere un blog, sminuzzando giorno per giorno, diluendo il suo pensiero in brandelli di concetto, pur validi, ma dispersivi, che presa avrebbe fatto? Nessuna. Non ci sarebbe stato un intero Movimento Operaio capace di comprendere e realizzare se stesso attraverso una forte identità di classe. E’ la complessità di una narrazione che solo un libro può offrire, per la sua natura, che sta alla base del processo controculturale.
Contrucultura è anche abbracciare, fosse anche solo per un attimo, un punto di vista diverso. Accettare che non esiste “scontro di civiltà”, che “integrazione”, come la intendiamo nei paesi occidentali, forse è un termine sul cui fondale si agita lo spettro dell’intolleranza e della violenza, uno schema repressivo che parte dal presupposto di una abiura e non contempla la possibilità di una concezione diversa, di strumenti diversi di interpretare gli tessi fenomeni, tutto in nome di un Benessere e un Progresso che spesso rimangono irrealizzati per i più.
Sfatare pregiudizi, ridare dignità e voce agli oppressi, assumere un atteggiamento critico non per snobismo, non per gridare inutilmente allo scandalo, ma per offrire strumenti di lettura della realtà, tenersi aggiornati su quanto succede nel mondo, conoscere il più possibile, confrontarsi con modalità di pensiero lontane dalle nostre, per trovare una propria strada, ritrovarla, o perché no, perderla, capire che la politica senza ideologia è un enorme frigorifero vuoto, cercare nelle altrui culture non già il gusto esotico e massificato della cucina etnica o di scrittori che si affermano solo grazie a posizioni concilianti con l’occidentalismo imperante, ma il bisogno forte e impulsivo di non fermarsi mai alle apparenze, non dare mai nulla per scontato, non accettare mai il mondo per quello che è ma fare il possibile per contribuire a renderlo sempre più giusto e pacificato.
Tutto questo, e molto altro, può fare o tentare di fare una libreria come quella che abbiamo in mente.