Rivolto a contadini e consumatori ribelli alla Grande Distribuzione Organizzata
È da un pò di mesi che parliamo di diritto alla terra e sovranità alimentare. In qualche modo è un tema che è sempre stato nelle nostre corde, dato che molti di noi hanno iniziato ad interessarsi dei problemi globali ai tempi dei social forum, fortemente composti dai movimenti contadini del sud del mondo.
Siamo partiti un po’ da lontano, e da una campagna profondamente diversa da quella di oggi, con il seminario storico sui 130 anni del movimento contadino de La Boje! che, sviluppatosi nel nostro territorio tra società di mutuo soccorso e contadini salariati alla fame, rivendicava in qualche modo “la terra a chi la lavora”.
La campagna ha mantenuto una sua centralità nella nostra provincia non solo in termini di produttività, ma anche su un livello socio-culturale e soprattutto di definizione dell’ambiente.
Da lì, ricordandoci della lettera della Deutsche Bank del 2012 che suggeriva di alienare e cambiare uso ai terreni agricoli, abbiamo incominciato a chiederci di chi fossero e che uso se ne facesse.
Non potendo avere una risposta immediata e convincente alle improvvise cementate o alla sovrabbondanza di mais, abbiamo incominciato ad entrare in contatto con reti e soggetti che approcciavano la manifestazione contro EXPO del primo maggio, andando a mettere l’accento sul fatto che le multinazionali presenti all’esposizione stavano ammazzando (e non nutrendo il pianeta).
All’epoca del bio, del tipico e di Farinetti ( almeno per chi ha capitali e strumenti culturali per non cibarsi solo nella GDO ) l’industria alimentare (quella della carne in particolare) causa più del 50% delle cause del surriscaldamento del pianeta.
Lo stesso processo, guidato dagli stili alimentari occidentali formati sulle pubblicità degli ipermercato, porta all’impoverimento della bio-diversività, alla trasformazione dei contadini in imprenditori e allo sfruttamento (e ai morti) nelle campagne.
Chi beneficia di ciò sono i grandi gruppi agricoli imprenditoriali (che sicuramente fremono in attesa del TTIP, il trattato di mercato unificato tra Europa e Usa), le case farmaceutiche che guadagnano sulle malattie causate da de-nutrizione e sovra/mala -nutrizione e la Grande Distribuzione Organizzata, ultimo anello di una catena che parte con il caporalato nelle campagne.
Nel mentre abbiamo conosciuto: l’esperienza di Mondeggi, fattoria in abbandono sotto speculazione finanziaria oggi autogestita e in salute; lo spazio FUORIMERCATO nella fabbrica autogestita Ri_Maflow, che raccoglie tutti i prodotti legati a progetti che parlano di solidarietà, campagna e mutuo soccorso.
Abbiamo visto come a Bari, e in altre zone d’Italia, i terreni abbandonati possono essere non solo il luogo dello sfruttamento e delle baraccopoli per i lavoratori stagionali, ma anche il posto dove migranti e precari ri-affermano i propri diritti, producendo salsa di pomodoro al giusto prezzo, quello che può dare un reddito.
Oppure di come le mense popolari possano dimostrare che insieme si può essere più forti di qualsiasi patto di stabilità, sfratto, frontiera filospinata o piano di licenziamenti.
Diverse di queste esperienze sono tenute insieme dalla rete informale chiamata “Genuino Clandestino”, che dal 2010 mette insieme i coltivatori che non possono (e rifiutano) rispettare i certificati europei progettati dalla grande industria alimentare. La stessa che affama il mondo e sostiene leggi come quella di “orientamento in agricoltura” (D.Lgs 228/01) che ha perfezionato la trasformazione dell’imprenditore agricolo (ex contadino) in una vera e propria impresa di mercato.
Oltre ad informarci e promuovere la salsa “Sfruttazero” nelle ultime settimane abbiamo partecipato al corteo in difesa dell’esperienza di Mondeggi Bene Comune a Firenze e approfondito i legami tra industria della carne e distruzione dell’ ecosistema terrestre ( con la de-forestazione e l’inquinamento prodotto) con la proiezione del documentario “Cowspiracy”, abbiamo pensato cosa si potesse fare a livello locale.
La migliore sintesi di quello che vorremmo fare l’abbiamo trovata nella presentazione dello Spazio FuoriMercato della Ri-Maflow:
“Superando la dicotomia tra città e campagna, tra produttori e consumatori, dobbiamo ricomporre le molteplici lotte e costruire insieme una comunità che vada al di là del buon cibo e della tutela dell’ambiente per affrontare i temi dei diritti di chi lavora, dei prezzi ‘sorgenti’ di produzione e dei prezzi al momento del ‘consumo”.
Ci piacerebbe in primo luogo conoscere contadini e attivisti che condividono con noi questi temi per strutturare una continuità di ragionamento sul territorio.
Capire con loro se fosse possibile strutturare reti di consumo critico e mutualistico ( ricordiamoci che oggi molti faticano a fare una spesa decente in termini di qualità e quantità) e mercatini autogestiti in cui scambiare prodotti non certificati (clandestini per la GDO).
Oppure se qualcuno è interessato ad estendere e aderire alla rete Genuino Clandestino o a supportare progetti di mutuo soccorso con esperienze esemplari di lotta ed autoproduzione.
Vi aspettiamo,
La Boje!
- http://www.communianet.org/il-network/130-anni-da-la-boje
- http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=21034
- tbcfirenzemondeggi.noblogs.org
- http://www.fuorimercato.com/new/
- www.rimaflow.it
- https://www.produzionidalbasso.com/project/sfruttazero-autoproduzioni-fuori-mercato/
- http://www.cowspiracy.com/