Ieri sera (sabato 5 luglio), presso un locale di via Calvi, in pieno centro storico e in un momento di piena frequentazione, alcuni neonazisti – appartenenti a gruppi di estrema destra che opera tra Mantova e le province vicine – hanno aggredito a freddo un ragazzo.
La sua colpa era quella di essere riconosciuto come “persona di sinistra”, simpatizzante di organizzazioni e frequentatore di concerti antirazzisti. Poteva essere lui come tanti altri mantovani che hanno uno stile di vita libero, aperto al mondo e intrinsecamente antirazzista e antisessista.
Dopo averlo aggredito con un un pugno mentre il ragazzo era di spalle, si sono dati alla fuga lanciando sedie contro gli amici accorsi in sua difesa.
Oltre a due “basisti” mantovani che indicavano alla compagnia nazista i possibili colpi, era presente una prima avanguardia di tre donne, arrivate prima per vedere chi c’era nel locale (una decina di minuti prima del pestaggio si chiedevano “è questo il locale?”). Successivamente sono arrivati 5 naziskin che, seguendo i consigli di chi era arrivato prima, hanno potuto agire a colpo sicuro prima di darsi alla fuga.
Dopo mesi di provocazioni, minacce e azioni alla stregua di rappresaglie da parte dell’estrema destra nel nostro territorio, questa azione è stata preparata, come in diverse città negli ultimi anni, per saggiare la risposta del territorio verso la deriva neofascista. Una pratica viscida e pericolosa, che fa il paio con le azioni e le dimostrazioni di odio nei confronti del diverso, sia esso un migrante o un lavoratore non allineato: la linea che unisce le manifestazioni contro l’ “invasione straniera” e le intimidazioni nei confronti degli attivisti o simpatizzanti dei movimenti è netta e lampante, e passa per il continuo nascondersi dietro i principi della libertà di pensiero.
Lo schema è semplice: attaccare chi non è direttamente attivista per intimidirlo e creare paura e insicurezza verso chi rifiuta il sistema di idee reazionarie proposte da Forza Nuova, Casa Pound
e Veneto Fronte Skinhead. La minaccia è reale e concreta, e permettere che queste azioni continuino nel silenzio delle istituzioni è inaccettabile. Di fronte agli allarmismi in nome delle “emergenze-sicurezza”, rispondiamo che il problema della sicurezza, se c’è, riguarda questo tipo di violenze e non certo il presunto “degrado” imputato a chi non ha un tetto, un lavoro o un passaporto.
Se vogliamo mantenere Mantova una città accogliente ed ospitale, se non vogliamo dover chinare la testa alla prossima provocazione, se non vogliamo assistere i nostri amici all’ospedale (ricordiamo gli omicidi e le coltellate inferte in tante città dai neo-nazisti: Trento, Verona, Brescia per citare le più vicine), sosteniamo con forza il nostro pensiero: tutta la città che rifiuta discriminazioni e prevaricazioni deve essere coesa nel rispondere in maniera decisa e diffusa al riemergere di attività squadriste.
�Manifestiamo una volta di più la nostra totale e pubblica solidarietà al ragazzo aggredito e ci appelliamo a tutte quelle realtà, organizzazioni e istituzioni che si riconoscono nei valori dell’antifascismo e della democrazia: nessuno spazio deve e dovrà mai esserci per neofascismo e neonazismo nella nostra città.