Il prossimo 27 ottobre sarà una giornata di mobilitazione nazionale: una serie di sigle del sindacalismo di base ha indetto uno sciopero di 24 ore diffuso su base nazionale, intorno al quale è stato possibile costruire una piattaforma di convergenza per numerosi percorsi di rivendicazione sociale e politica.
Precarietà e povertà diffusa sono le caratteristiche principali impresse dalle politiche neoliberiste e d’austerity nelle vite di milioni di persone in Italia ed in Europa. Nel decennio della Crisi, è cresciuto a dismisura il disequilibrio tra le forze sociali, da una parte una ristretta e super-ricca classe di rentier e capitalisti, dall’altra una moltitudine sempre più povera e sfruttata.
Una distanza acuita innanzitutto da una serie di “riforme” sul mondo del lavoro, che con l’approvazione del Jobs Act nel 2015 subìto un colpo decisivo, rendendolo sempre più fragile e precario, povero e privo di diritti, fatto di precarietà e intermittenza, assenza di sostegno al reddito e di reddito garantito, di lavoro malpagato, sottopagato e sempre più spesso gratuito.
Un paradigma questo che troviamo sempre di più nel mondo della formazione, come dimostra il dilagare di stage e tirocini gratuiti e l’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro (gratuito, appunto) che altro non è che “educazione alla normalità” di un lavoro non retribuito.
Eppure la rabbia sociale, più che contro le élite politiche ed economiche responsabili di questo disastro, sembra nutrire solo un meccanismo di ipercompetizione individualistica e una rancorosa “guerra tra poveri”, tanto più acuta se diretta contro i cittadini migranti, ormai generalmente additati come responsabili di ogni male. In realtà, affianco a questo conflitto si nasconde una vera e propria guerra ai poveri e alla possibilità di ribellarsi contro questa condizione.
È questo il senso delle normative con le quali i ministri Orlando e Minniti hanno ad esempio introdotto il DASPO urbano che colpisce i soggetti costretti ai margini della società. Oppure quello di scelte governative che cavalcando le pulsioni identitarie, nazionaliste e razziste negano ancora oggi diritti legittimi come quello alla cittadinanza per tutti i nati in Italia (ius soli) e l’apertura di canali umanitari per chi fugge da guerre, fame e dittature.
Sarebbe quindi “colpa” del povero, del migrante, del precario se la ricchezza sociale e le risorse pubbliche vengono sperperate per inutili e dannose grandi opere? Se ciò che rimane del sistema di welfare viene definitivamente fatto a pezzi? se si sacrifica al mercato il diritto alla previdenza sociale, alla salute, all’istruzione?
In questo modo le logiche securitarie prendono il sopravvento su chi invece crede in una reale sicurezza sociale fatta di reddito, diritti e welfare universale, volto a emancipare tanti e tante da una posizione di debolezza e ricattabilità; un po’ come avviene per il mondo femminile, relegato da una società ancora profondamente patriarcale ad un ruolo riproduttivo, ad una posizione di subalternità e di dipendenza economica e sociale.
Eppure di fronte a questo scenario fortemente negativo, non tutto è immobile. I territori sono attraversati da energie in grado di ri-costruire quotidianamente legami sociali e solidarietà, opposizione, resistenza, e alternativa al presente.
Il territorio mantovano è stato attraversato nell’ultimo anno e mezzo da una dinamica di rivendicazione per un lavoro e una vita degna che ha messo al centro una composizione operaia migrante fortemente presente nel tessuto produttivo locale. Il culmine di questo scontro è avvenuto l’estate scorsa con la vertenza dell’appalto Composad a Viadana, dove tra l’altro il protagonismo delle lavoratrici, anch’esse migranti, è stato centrale.
Il 27 ottobre quindi sfileremo per le vie della città, lavoratori autorganizzati di ADL Cobas fianco a fianco a studenti contro l’alternanza scuola-lavoro, migranti, rifugiati e antirazzisti per la piena cittadinanza e per l’accoglienza degna, donne libere e autodeterminate e comitati ambientali per rivendicare diritti e salario sul lavoro, contro il Jobs Act e le nuove forme di “schiavitù”, contro il ricatto della precarietà e per l’introduzione della clausole sociale negli appalti, per il diritto alla cittadinanza per chi nasce e vive in Italia (vero Ius soli) e all’accoglienza degna, per un welfare universale e servizi pubblici di qualità, contro ogni forma di violenza di genere, contro le distruzioni ambientali.