Siamo alla vigilia delle elezioni comunali, che vedono 350 candidate e candidati divisi su quindici liste: sembra un segnale di una grande partecipazione politica, invece ci troviamo più che altro di fronte ai soliti automatismi del sistema elettorale.Negli scorsi mesi noi de La Boje abbiamo provato a costruire insieme a Rifondazione Comunista e Potere al Popolo un percorso municipalista, Mantova in Comune, che però si è infranto sulle scelte di colei che avevamo individuato come candidata, Gloria Costani medico di base nota per le sue battaglie ambientali. Dal nostro punto di vista, anche se la questione necessiterebbe maggiore spazio di riflessione e approfondimento, riteniamo che il progetto di Mantova In Comune non sia stato abbastanza forte per due motivi: da un lato un’eccessiva fiducia nella “scorciatoia” del nome del candidato/a che potesse fare da reattore per il coinvolgimento della società civile; dall’altro uno scarso impegno nel costruire Mantova In Comune quale canale di partecipazione municipalista e non come mera formazione intergruppi della sinistra locale.Facciamo politica da anni nel territorio, fuori dai palazzi e controvento, e volevamo provare a costruire un reale strumento di partecipazione e contropotere che provasse a confrontarsi e intervenire nella “stanza dei bottoni” della politica cittadina. Nonostante l’evidente condizione di svuotamento di senso delle istituzioni della democrazia rappresentativa, tra il non più e il non ancora, riteniamo che le esperienze comunali e municipaliste – se pensate ed elaborate con strategia e condivisione – possano recuperare un coinvolgimento non tanto della sinistra (che non esiste più come parte del paese che “vota lì”), quanto piuttosto di chi non vota proprio più. È andata male e ci spiace per il tempo e le energie sprecate perché ci avevamo creduto, per quanto la fase e il contesto in cui stiamo vivendo non contemplino lotte e, più in generale, mobilitazioni dal basso (contrariamente, per esempio, a quanto sta accadendo negli Stati Uniti). Ciononostante non vogliamo esimerci da un ruolo che svolgiamo spesso: provare a elaborare un punto di vista critico e dialettico sullo scenario elettorale che si troveranno di fronte i mantovani tra pochi giorni.Il cavallo dato per favorito è sicuramente quello rappresentato dal sindaco uscente, Mattia Palazzi, e dal plotone di liste che lo sostengono, a partire dal PD e dalla civica denominata Lista Gialla. Non abbiamo mai nascosto le nostre forti perplessità sull’operato del sindaco, a partire da tutti i meccanismi retorici quando non direttamente repressivi, messi in atto per nascondere molte situazioni di potenziale conflitto politico e di marginalità sociale tuttora presenti nella nostra città. Dall’installazione di centinaia di telecamere come panacea di tutti i mali per contrastare la microcriminalità, alle giravolte retoriche riguardo alla questione-Inceneritore, passando per una continua narrazione della città come contesto ideale per la socialità e l’aggregazione esclusivamente attorno ai grandi eventi.Allo stesso modo, la Lista Gialla ci sembra un mero raggruppamento di varie soggettività che rappresentano interessi specifici, accomunate dalla sola volontà di raccogliere e silenziare eventuali elementi di criticità politica nel nome di una condivisione di visioni solo teorica. Così come riteniamo marginale l’apporto della lista di Sinistra Italiana-Verdi, che ci suona come una stampella di rappresentanza “a sinistra”, senza una reale propositività in termini di contenuti.Discorso a parte merita la lista “ManTua”, che a nostro parere opera una pericolosa espressione di sdoganamento di analisi e pratiche più ascrivibili al contesto politico del centrodestra: lo dimostra, ad esempio, l’evento elettorale realizzato con la partecipazione dell’ex enfant prodige leghista Flavio Tosi, già sindaco sceriffo di Verona, ora riciclatosi come esempio di amministrazione virtuosa. Se per amministrazione virtuosa intendiamo quella che installa panchine con i braccioli per impedire ai clochard di utilizzarle per dormire e multa chi mangia panini in piazza in nome della più becera retorica del decoro.Sul candidato espresso dalla destra, Stefano Rossi, da parte nostra c’è poco da dire: semplicemente, rappresenta tutto quello contro cui combattiamo fin da quando esistiamo come collettivo politico, e le ultime sparate in cui ci accusa di aver strappato i suoi manifesti per creare un clima di tensione antidemocratica sono la più palese dimostrazione della pochezza umana ancor prima che politica sua e degli esponenti che lo sostengono. Si vedano, per esempio, i candidati di Fratelli d’Italia, Luca De Marchi o il ginecologo antiabortista vicino a CasaPound, Alberto Filippini. Da Salvini a La Russa, passando per Santanché e De Corato, quella che si è svolta negli ultimi giorni a Mantova è stata una parata delle peggiori figure della politica italiana degli ultimi vent’anni.Riguardo la candidata Gloria Costani ci siamo già in parte espressi, e non possiamo che ribadire quanto sostenuto nelle scorse settimane. A nostro avviso, la sua scelta di allearsi con il Movimento 5 Stelle è sbagliata e contraddittoria.Costani ha spuntato la sua arma di alternativa al PD locale alleandosi con un partito che a livello nazionale col PD governa e legifera (dopo averlo fatto in compagnia di Salvini e neofascisti). Ricordiamo che tra le leggi approvate in questi mesi dal Governo 5S-PD c’è il Decreto Semplificazioni, o come l’hanno definito più di 160 movimenti e associazioni “Decreto Devastazioni”: questo dispositivo, oltre a bloccare le bonifiche dei siti inquinati tra cui il polo chimico di Mantova, dimezza i tempi per le già precarie Valutazioni di Impatto Ambientale e nella “green economy” favorisce impianti di estrazione e trasporto di combustibili fossili come i gasdotti. Non un grande biglietto da visita per chi fa dell’ambientalismo la propria bandiera.Ci sembra che Costani in poche settimane abbia finito per indebolire il suo status di portavoce dei movimenti in difesa dell’ambiente e del territorio e abbia consegnato la campagna elettorale nelle mani dei 5 Stelle, limitandosi a poche e generiche dichiarazioni di circostanza su temi fondamentali come politiche sociali e diritti degli ultimi. Ne registriamo la scelta con rammarico, perché in forte contraddizione con le molte e giuste battaglie da lei intraprese, che abbiamo condiviso e sostenuto.Non lo neghiamo: la campagna elettorale ai tempi del lockdown ci ha lasciato con l’amaro in bocca per tutto quello che poteva essere e non è stato. Ci troviamo di fronte a una serie di candidati che ci rappresentano molto poco, pur con alcune eccezioni nell’ottica di costruire possibilità di confronto e dialogo. Quel che è certo è che viviamo queste elezioni 2020 come un’occasione persa, per responsabilità non solo nostre. Ma siccome il mondo della politica – della nostra azione politica – non finisce il 21 settembre, continueremo a costruire pensieri, pratiche e conflitti per una società più giusta.