-per la chiusura dei centri di detenzione dentro e fuori l’Unione europea
-per la regolarizzazione di tutti i migranti in Europa
-per il riconoscimento del diritto d’asilo.
Domenica 25 gennaio a Torino è stato “bucato” il muro di recinzione del centro di detenzione di Corso Brunelleschi di cui anche Medici Senza Frontiere chiedono l’immediata chiusura.
Dopo la violazione del perimetro del CPT di Via Mattei, il 30 gennaio nel quadro di una giornata più ampia di mobilitazione per i diritti, nel giorno dello sciopero degli autoferrotranviari, a Verona, Milano, Bologna, si sono svolte azioni congiunte contro i voli della deportazione per smascherare la vergogna di chi costruisce la f etta dei suoi profitti deportando migranti.
A Gradisca (Gorizia) è stata inaugurata la campagna sociale per impedire l’apertura di un CPT occupando il sito destinato ad ospitare il centro, bloccando i primi lavori e aprendo nel muro di cinta una breccia.
Sabato 31, manifestazioni in Spagna [Malaga – Barcellona – Madrid], Francia, Svizzera, Gran Bretagna, Germania e Belgio. In Italia a Torino, Bologna, Roma, Caltanisetta e Crotone.
A prescindere dagli entusiastici racconti dei quotidiani “alternativi” e di buona parte della contro –informazione informatica, che ormai tendono a riportare di una mobilitazione solo le buone intenzioni e gli aspetti più “folcloristici”, quella di Sabato è stata senza dubbio un segnale di disorganizzazione del movimento e della sua dipendenza da quadri direttivi.
Alcuni aspetti del tutto censurati.
A Torino, dove questa data è, o potrebbe essere un’appuntamento annuale, c’è stata l’adesione più bassa rispetto ai cortei di Roma e Bologna.
Non i cinquemila di “liberazione” e “radio popolare”, e soprattutto tra quei fantomatici cinquemila, una preoccupante incapacità di comunicare i tre punti fondamentali, dovuta alla visibile disorganizzazione generale. Non si è riusciti a rendere minimamente partecipi i manifestanti ne durante il corteo, ne quando giunti davanti al CPT “brunelleschi”, se non con qualche slogan di circostanza.
Più preoccupante, resta il fatto che la gestione della piazza è nelle mani dei “disobbedienti”, che sostanzialmente non hanno alcuna capacità di tenerla. Dall’unico furgone non un intervento un pò articolato o anche solo che dicesse qualcosa, non la gestione della piazza nel presidio finale. Solo quei ritriti e inutili bla bla sul “movimento che dal 99 passando per Seattle..bla bla.. Firenze…bla bla..”, oppure “siamo qui coi nostri corpi nudi contro i potenti, quindi siamo dei dritti…bla bla…”.
In fondo cosa vogliamo che la gentecapisca o anche solo recepisca se non che siamo una sorta di elitè chiusa nei suoi codici dal sapore anche un pò retrò ma sicuramente non mirati all’occasione.
Ma il problema non è solo questo, che pure è importante. A torino, quel giorno sono mancate tutta quelle strutture come rifondazione comunista e (forse è anche un bene) la CGIL, che tanto si prodigano nelle dichiarazioni d’intenti. Un esempio repellente, il programma presentato da Cofferati a Bologna, che prevederebbe la chiusura del locale CPT, nonostante sia stata la CGIL sotto la sua gestione a mantenere un eloquente silenzio quando questi furono istituiti (limitandoci solo a questo). Penosa poi la presenza di sparuti parlamentari ulivisti, che con questo movimento non c’entrano nulla. Poi i programmi nazionali di rifondazione, punto centrale di questa polemica, che prevedono nonostante tutto anche ottime cose, ma che sono inapplicati, perchè il partito, pur avendo discreti mezzi, è in uno stato decadente.Una serie di strutture nazionali, che o non hanno radicamento locale, o dove questo esiste, è lasciato solo dagli organismi dirigenti.
La stessa questione valsa per il social forum di Parigi, forse per quello a Bombai (non lo sappiamo ma non lo escludiamo), ma sicuramente per rifondazione, l’unico partito potenzialmente vicino, che con le sue svolte, ha girato le spalle alla propria basa mai curata in questi anni.
Quest’appuntamento, sarà riuscito a suscitare un po’ di interesse mediatico, però come consolazione è proprio poca cosa. Quest’appuntamento ha fallito, perchè è stato ridotto ad una vetrina per le dichiarazioni (a volte insulse) di qualche personaggio di rilievo.
In questo modo, la cosa che veramente importa non si sviluppa: un’organizzazione capillare in grado di rispondere ai bisogni e alle richieste dei migranti, che non siano solo I purtroppo piccoli comitati locali.
Questo riferendoci a ciò che è stato a Torino, ma resta difficile pensare che altrove sia andata granchè meglio. Forse a Bologna, dove dopo l’incursione dei disobbedienti dentro il CPT, Gianmarco De Pieri, uno dei leader disobbedienti, è riuscito a dire soltanto che quell’azione ha dimostrato che “le zone rosse si possono violare”. Ma che cosa può fregarcene a noi? Cosa può fregare a chi ne è chiuso dentro una simile espressione di orgoglio?
Forse a Roma o nelle altre città europee è stata veramente più significativa, ma la preoccupazione che non si copre e rimane, è quella di non riuscire a ridare una voce significativa a questo movimento, oggi a livelli molto bassi nel centro nord.
Pur sperando che non ce ne sia bisogno, ma sapendo che non capiterà prima, l’appuntamento è per l’anno prossimo
Un resoconto del nostro “inviato” Mangiabimbi sulla manifestazione contro i CPT a Torino.
Per la prima volta in Europa, contemporaneamente nello stesso giorno, si svolgeranno mobilitazioni in diversi paesi su tre parole d’ordine comuni, discusse all’interno del Forum sociale di S. Denis del novembre scorso in Francia.