«Il 6% delle donne viene licenziata perché incinta», indica lo studio su 50.000 donne intervistate nel 2002 a distanza di 18-21 mesi dalla nascita dei figli.
I dati forniscono un identikit della madre lavoratrice, realizzato nel periodo di tempo in cui, in media, matura la scelta di avere altri figli in futuro. E l’analisi denuncia come «la scelta di diventare madri per le donne italiane è solo teorica». Le donne non rifiutano la maternità, tutt’altro, chiarisce l’indagine Istat.
«Oltre l’80% delle quarantenni ha avuto almeno un figlio, come le loro madri o poco meno. L’autentico problema della fecondità italiana sta dunque nella caduta verticale delle nascite di secondi figli». Una donna su tre vorrebbe in media due o più figli ma poi si ferma a uno, a causa della difficoltà di conciliare famiglia-lavoro. Così se le seconde nascite si sono «molto ridotte», le terze culle sono ormai un «evento eccezionale».
Questo rende oggi l’Italia l’unico Paese al mondo in cui da quasi trent’anni il numero medio di figli per donna è inferiore a due.
I principali ostacoli per le intervistate: la rigidità dell’orario di lavoro (44,4%) e i turni lavorativi (26,8%), un impegno troppo faticoso (6,3%) e la difficoltà a raggiungere il posto di lavoro (5,8%). Molte donne si trovano a «dover subordinare una scelta all’altra», figlio o impiego, soprattutto dopo il primo nato.
A conti fatti, quindi, al 6% delle lavoratrici in gravidanza licenziate si aggiunge il 14% che ha deciso, dopo, di abbandonare il lavoro per «gli orari inconciliabili con i nuovi impegni familiari». Anche se l’intenzione, per molte madri, era un allontanamento temporaneo dal mondo del lavoro: il 71% desidera rientrarvi, tra le donne che prima lavoravano, ma diventano il 50% per le donne che non hanno mai lavorato.
Alla prova dei fatti, però, è «elevato il rischio», soprattutto al Sud, di non reinserirsi nel mondo del lavoro o di rimanerne a lungo al di fuori. Lavora il 63,2% delle neo-madri residenti al Centro-Nord e solo il 32,5% delle donne del Mezzogiorno.
Lavora il 76% delle donne laureate e solo il 32% di quelle con una licenza media o elementare. Infine, le neo-madri con un solo figlio sono in prevalenza occupate (57%), mentre la proporzione scende al 44,7% per le donne con due o più figli.
Che lavoro fanno le neo-madri? Nella maggioranza dei casi hanno un impiego nel settore privato (69% contro il 31% nel pubblico). Per l’82% delle madri si tratta di un lavoro a tempo indeterminato, mentre il 14% lavora con un contratto a termine e il 4% è senza contratto, con un lavoro occasionale o stagionale, a fronte di dati 2001, che mostravano un lavoro permanente all’88,1% delle donne e al 91,7% degli uomini.
Lavorano in proprio il 18% delle madri. Dell’82% delle madri lavoratrici dipendenti, il 33,2% lavora part-time; in questo caso si tratta di un valore molto superiore a quello di tutte le donne che hanno scelto l’orario ridotto (16,9%, e solo il 3,5% degli uomini lavora a tempo parziale, secondo la ricerca Istat 2002 (Forze di lavoro, Media 2001, Annuario n.7, Roma).
Per quanto riguarda il settore di attività economica, il 33,6% lavora nel pubblico impiego (pubblica amministrazione, istruzione, sanità), il 23,6% si occupa di una attività commerciale (all’ingrosso e al dettaglio, alberghi e ristoranti), il 22,1% ha un impiego nei servizi, il 18,1% nell’industria e solo il 2,5% nel settore agricolo. Oltre la metà delle neo-madri lavoratrici è impiegata e il 23% è dipendente di altro tipo (operaio, apprendista, lavoratore a domicilio per conto di imprese).
Tra le donne che lavorano come autonome emergono – con quasi il 10% – le lavoratrici in proprio (negozianti, artigiani, ecc.) e le collaboratrici familiari; il 5,6% sono libere professioniste, e pochissime sono socie di cooperative di produzione di beni e servizi (meno dell’1%). Quando entrambi i genitori lavorano, il 16% delle famiglie si è trovato in difficoltà economiche dopo la nascita del bambino. Quando le madri sono casalinghe questa proporzione sale al 26%.
Infine, tra le donne che risultano in cerca di occupazione ben il 37% ha dichiarato di avere avuto problemi economici. Riferiscono difficoltà superiori alla media le madri con età più elevata e con più figli (il 44% delle 40enni ha problemi nel conciliare famiglia e occupazione) e con un’istruzione più elevata (il 44% delle laureate), che lavorano a tempo indeterminato (il 38%) e full-time (47%).
Lunedì, 08 Dicembre 2003 – 20:21
La gazzetta del Mezzogiorno (08/12/03)
http://www.gdmland.it/gnotizia.asp?ID_NOTIZIA=111879
La maternità penalizza le donne sul lavoro. La recente indagine Istat su «Maternità e lavoro femminile», svolta in collaborazione con il Cnel, conferma, a livello nazionale, i dati indicati dalla Cgil Lazio sulle pressioni subite dalle donne laziali, costrette a esibire il test di gravidanza nei colloqui per contratti a termine o a firmare lettere di dimissioni prima dell’assunzione, usate dal datore di lavoro in caso di maternità.